TORO SCATENATO (Raging Bull)
è un film del 1980 diretto da Martin Scorsese
TRAMA
Ascesa, trionfo e declino di Jake La Motta, il pugile che alla fine degli anni Quaranta divenne campione del mondo dei pesi medi. Con questo film sulla boxe, sceneggiato da Paul Schrader e Mardik Martin, Scorsese aggiunge un altro splendido tassello nella sua antologia di ritratti sulla vita degli italoamericani a New York. Ancora una volta, a prevalere è la fisicità dei personaggi, la violenza che ne segna i gesti e i rapporti, dentro e fuori dal ring, le pulsioni autodistruttive del protagonista (“pensavo che Jake avesse usato tutti per autopunirsi, soprattutto sul ring”). Mirabili le sequenze degli incontri di boxe, il bianco e nero di Michael Chapman, l’interpretazione di Robert De Niro ingrassato di oltre trenta chili per calarsi nella parte di La Motta vecchio.
da Il Mereghetti. Dizionario dei film 2011,
di Paolo Mereghetti, Dalai Editore, Milano, 2010.
TORO SCATENATO
regia di Martin Scorsese
di Andrea Sanseverino
Bella sfida, persa inevitabilmente in partenza. Sì perché scegliere una sequenza che abbia le caratteristiche richieste vuol dire fare anche i conti con se stessi e le attitudini da ragioniere in primavera inoltrata vengono sempre un po’ meno o svaniscono del tutto. Comunque se sfida dev’esserci, che sfida sia.
The
Bronx, New York City. Interno Giorno.
Siamo nel 1941, in un appartamento in cui è arrivato Joe, fratello minore del pugile Jake, ancora amareggiato per la sconfitta immeritata ai punti, rimediata contro Jimmy Reeves sul cammino per la conquista del titolo mondiale dei pesi medi.
Joe: - ... Dammi retta, lascia perdere Reeves. Avrai un altro milione d’incontri da fare, ma… ma non puoi continuare così. Si può sapere che hai? C’è qualcosa che non funziona, eh? Cos’è che non va?
Jake: - Che cos’è che non va? Le mie mani.
Joe: - Le tue mani? Ma che dici?
Jake (osservando, deluso, le proprie mani): - C’ho le mani piccole. C’ho le mani di una ragazzina.
Joe: - Ce le ho anch’io, che significa!
Jake: - Sai che significa? Che anche se divento grosso, anche se batto tutti, qualunque cosa faccio, io non potrò mai combattere con Joe Louis.
Joe: - Certo, lui è un massimo, tu sei un medio, lo credo.
Jake: - Non avrò mai l’occasione di combattere con il migliore che esiste e invece io so che sono meglio di lui. E non avrò mai quest’occasione. E tu mi chiedi cos’è che non va…
Joe: - Senti, tu sei pazzo solo a pensarla una cosa simile: quello è un massimo, grazie al cazzo, tu sei un medio. Non succederà mai, eh. Perché ti ci stai a rodere il fegato? Non è normale.
Jake: - Fammi un piacere.
Joe: - Che vuoi?
Jake: - Voglio che mi colpisci in faccia.
Seguono una serie di incoraggiamenti, conditi da volgare omofobia, da parte del pugile affinché il fratello esaudisca il suo cruento desiderio: solo l’apertura dei punti per le le ferite inferte dai pugni di Reeves fa desistere Joe dal reiterare i colpi.
La pellicola ovviamente è Toro scatenato,
comparso sugli schermi poco più di trent’anni fa,
rivelandosi un efficace sodalizio tra italoamericani, consumato tra la
vita di Jacob “Jake” La Motta, autore della propria
biografia (Raging Bull: My Story, 1970), da cui
è tratto il soggetto della pellicola, e la realizzazione
della stessa, grazie al talento di Martin Scorsese dietro la macchina
da presa e a quello interpretativo di Robert De Niro e Joe Pesci, nei
ruoli rispettivi del protagonista e del fratello manager alla buona,
incapace di contenere i folli eccessi di violenza non solo di Jake, ma
anche i propri.
L’interesse della
pellicola è indiscutibilmente legato più alla
vicenda umana che a quella agonistica di un pugile ricordato come
“il toro del Bronx”, dal borough newyorkese
d’origine, o “Raging Bull”,
“Toro scatenato” appunto. Egli è stato
sostanzialmente figlio del suo tempo e del suo Paese, libero per
definizione, come ama ripetere lo stesso Jake, incarnando a suo modo
l’uomo della strada, apostolo del sogno americano e che per
questo avrebbe sicuramente attratto la destra maccartista, quella
pratica, stando alla classificazione proposta nel 1948 da Charles
Wright Mills in The New Men of the Power. Quella
tratteggiata da Scorsese e De Niro, tuttavia, è la parabola
di un personaggio il cui discutibile fascino avrebbe sedotto ugualmente
gli anticonformisti di ogni generazione, in particolar modo quanti
reputino che il Paese dalle tante opportunità possa
trasformarsi spietatamente in una trappola che attenta alla
libertà dell’individuo, passando, nel caso di
Jake, dalla gloria effimera guadagnata all’interno del
perimetro del ring alla solitudine di una prigione di Stato del
penitenziario di Dade County Stockade.
Del resto, anche sul
mero piano sportivo, la figura di Jake avrebbe messo
d’accordo tutti, sia l’inguaribile appassionato di
incontri della noble art, per il quale La Motta
è un peso medio capace di infliggere la prima sconfitta al
grande Sugar Ray Robinson e di strappare nel 1949 il titolo mondiale
della propria categoria a Marcel Cerdan, sia gli scettici
più incalliti riguardo la lealtà degli incontri
di boxe: “Combattimenti regolari non ne esistono. Ho visto
abbastanza combattimenti per esserne convinto” (Ciment,
Henry, 1995, p. 98), ammise Scorsese in un’intervista
concessa a Positif nel dicembre del 1978, mentre lo
stesso La Motta confessò a una sottocommissione del Senato
statunitense di aver ceduto alle pressioni della mafia, perdendo
volutamente con Billy Fox, sottostando alla solita trafila pur di
ottenere la chance per il titolo mondiale. Si tratta di quella
criminalità organizzata che, oltre a gestire la vita del
quartiere, può accompagnare (ne sente quasi il dovere) un
ragazzo delle proprie strade alla conquista della corona iridata,
così come quella che per Mario Puzo e Francis Ford Coppola
era capace di allungare i propri tentacoli su Hollywood
affinché il protetto del padrino avesse la parte in un
grande film. In Toro scatenato la presenza dei
gangster, indispensabile affinché spesso lo sport diventi
show business, tuttavia è un’arroganza che non
sconfina in un’esplicita violenza, la cui rappresentazione
risulta un tema centrale nella filmografia del regista e che in questa
pellicola del 1980 si presenta in una duplice veste. Da un lato quella
inevitabilmente visibile in uno sport fisico come
il pugilato, che Scorsese fotografa efficacemente amplificando la
visione cruenta delle immagini con un sonoro ottenuto perfino spaccando
dei meloni al fine di rendere ancora più terribile il suono
dei colpi. Dall’altro quella fuori dal ring e dalle regole e
non soltanto relegata a quella domestica, riprovevole, di Jake nei
confronti delle due mogli: va infatti ricordata
l’intemperanza del pubblico nella rissa di Cleveland che si
consuma mentre l’organista tenta di richiamare tutti alla
calma, suonando inutilmente The Star-Spangled Banner,
o l’ira di Joey nei confronti dell’amico
Salvo nel Copacabana, locale frequentato dalla malavita del posto.
Tornando al duro dialogo fra Jake e Joey, la sua attrattiva
risiede in quel complesso equilibrio tra i due meccanismi che giocano
un ruolo fondamentale nella psicologia di chi guarda un film, ossia
l’identificazione e la proiezione, vale a dire, da un lato il
processo mediante cui ci si appropria di pensieri e azioni di un
personaggio visto sul grande schermo per appagare latenti tendenze,
dall’altro quello attraverso cui si conferiscono personali
intenzioni ai personaggi stessi (Musatti, 2000, pp. 43-44). In
particolar modo la catarsi, effetto principe
dell’identificazione, legata all’atteggiamento di
Jake, offre allo spettatore la possibilità
d’esprimere, attraverso un’aggressività
tutta vissuta per procura (ibidem,
p. 57; Bourdon, p. 57), l’amarezza non per le occasioni
fallite, ma per quelle mai avute perché si hanno le mani
troppo piccole rispetto ad avversari troppi grandi, fermo restando che
nella vita, sul ring, come sulla strada, “è il
cervello che vince, mica la rabbia”, come afferma Coleman
Silk, personaggio di uno straordinario romanzo, La macchia
umana (Roth, 2004, p. 104). Con le mani da ragazzina, Jake
sferra cazzotti e ne riceve altrettanti, del resto è stato
un buon incassatore, requisito indispensabile per il suo stile
aggressivo: era infatti un in-fighter, ossia un
pugile che era solito combattere all’interno della guardia
dell’avversario che veniva sottoposto a una combinazione
micidiale di ganci e uppercut col rischio, però, di essere
inevitabilmente esposto ai jab. “Voglio mostrare come un
pugile impara a dominare l’odio e la violenza, come tenta di
diventare un essere umano al di fuori del ring, come tutto congiura per
impedirgli di fermarsi” (Ciment, Henry, p. 98),
confessò Scorsese sempre ai giornalisti di Positif
pensando a quel suo toro furente, che, tuttavia, sembrava danzare,
quando, sotto le note dell’intermezzo sinfonico della Cavalleria
rusticana che apre il film, è ripreso frontalmente
mentre si riscalda ancora in accappatoio, con le corde che sembrano
comporre una staccionata. Jake è un cattivo maestro,
intendiamoci, e Scorsese non ne fa che un perdente che ribadisce tale
consapevolezza facendo addirittura il verso a Marlon Brando nei panni
di un altro boxeur del cinema: davanti allo specchio di un camerino, De
Niro, volontariamente ingrassato per l’occorrenza di una
trentina di chili, ripete a suo modo le battute di Terry Malloy di Fronte
del Porto, quelle riferite a Charlie (Rod Steiger), in un
altro celebre dialogo tra fratelli.
Lo sport, negli
Usa come nel resto del pianeta, riflette le condizioni e le
contraddizioni di un Paese e non è raro che il cinema guardi
con un certo interesse proprio alla vita dei grandi campioni, in
particolare quello che tenta di coniugare la febbrile ricerca di storie
coinvolgenti da raccontare con l’obiettivo di dare,
attraverso le proprie risorse, un’analisi efficace di certi
fenomeni. È probabile che sia stata quest’ultima
esigenza a ispirare l’introduzione dei versetti
dell’evangelista Giovanni, dal momento che negli ultimi
fotogrammi della pellicola si legge, tra le altre righe, “Se
sia un peccatore non so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci
vedo”. È vero che Toro scatenato
non fu decisamente un successo commerciale, ma diede
l’opportunità a De Niro di guadagnare il primo (e
finora unico) Oscar come miglior attore protagonista e impose al grande
pubblico il volto di Joe Pesci. La pellicola non sottrasse Scorsese a
qualche critica da parte di coloro che valutarono il film
esclusivamente come un’occasione di mera celebrazione delle
proprie capacità da parte del regista newyorkese, ma dieci
anni dopo l’uscita nelle sale fu inserito nel National Film
Registry e quindi conservato nella Biblioteca del Congresso in
compagnia, a tutt’oggi, di Mean Streets, Taxi
Driver, Quei bravi ragazzi. In sostanza
si può sostenere che Toro scatenato
abbia, tra acclamate lodi e aspri giudizi, avuto un destino simile ad
uno epico incontro di boxe, farcito di pugni andati a segno e altri
incassati. In fondo “questo è
spettacolo!”, come sentenzia Jake già nelle prime
battute del film.
LETTURE
× Bourdon J., Introduction aux médias, 1997, Introduzione ai media, Bologna, Il Mulino, 2001.
× Ciment M., Henry M., Nouvel entretien avec Martin Scorsese, in Positif, n. 213, Dicembre 1978, in Bertolina G. C., Martin Scorsese, Milano, Il castoro, 1995.
× Musatti C. L., Psicologia degli spettatori al cinema, in Romano D. (a cura di), Scritti sul cinema, Torino, Testo & Immagini, 2000.
× La Motta J., Carter J., Savage P., Raging Bull: My Story, 1970, Da capo Press, New York, 1997.
× Puzo M., The Godfather, 1969, Il padrino, Corbaccio, Milano, 2006.
× Roth P., The Human Stain, 2000, La macchia umana, Einaudi, Torino, 2004.
× Wright Mills C., The new men of the power: America's Labor Leaders, 1948, Kelly, New York, 1971.
ASCOLTI
× Mascagni P., Cavalleria rusticana, 1890, Brilliant Classics, 2010.
VISIONI
× Coppola F. F., The Godfather, 1972, Il padrino, Universal Pictures, 2006.
× Kazan E., On the Waterfront, 1954, Usa, Fronte del porto, Sony Pictures Home Entertainment, 2011.
× Scorsese M., Mean Streets, 1973, Usa, Mean Streets – Domenica in chiesa lunedì all’inferno, Minerva Video, 2004.
× Scorsese M., Taxi Driver, 1976, Usa, Taxi Driver, Sony Pictures Home Entertainment, 2011.
× Scorsese M., Raging Bull, 1980, USA, Toro scatenato, 20th Century Fox Home Entertainment, 2011.
× Scorsese M., Goodfellas, 1990, USA, Quei bravi ragazzi, Warner Home Video, 2011.