LEZIONI DI TANGO (The Tango Lessons)
è un film del 1997 diretto da Sally Potter
TRAMA
Sally, regista cinematografica a cui è stato commissionato un film sulla moda ma che è più interessata a imparare il tango, si innamora del ballerino da cui prende lezioni e con il quale stringe un patto: lui la trasformerà in una danzatrice di tango, lei farà di lui una star del cinema, ma l’accordo riesce a metà.
Gli inserti a colori, tutti onirici, riguardano il progetto cinematografico di Sally: una specie di film lynchiano sul mondo della moda, con modelle e assassini.
da Il Mereghetti. Dizionario dei film 2011,
di Paolo Mereghetti, Dalai Editore, Milano, 2010.
LEZIONI DI TANGO
regia di Sally Potter
di Maria D’Ambrosio
La pellicola è diretta da Sally Potter. Anno 1997.
Il titolo è Lezioni di tango. Titolo e
locandina annunciano ed evocano storie, passioni, intrecci di corpi,
movimenti, figure, a rappresentare – evidentemente
– il sempre difficile incontro tra maschile e femminile, uomo
e donna, che solo quando trova una sua complementarietà,
diviene danza e arte.
Tanti dunque i discorsi e le
immagini che già dal titolo e dalla locandina possono
mescolarsi alla visione e alla “lettura” del film.
Per questo quello che accade alle soglie del testo è
importante, crea le condizioni di una possibile relazione tra
autore-regista e spettatore. Tutto si decide all’inizio, e in
questo caso potremmo dire che la regista sceglie le maniere forti
decidendo di usare un colpo di pistola – o almeno
così sembra visto che la pistola non compare – per
colpire lo spettatore e irretirlo nella trama del suo film. Si tratta,
come dicevo, del prologo. Ma questo lo spettatore lo capisce solo dopo.
È comunque l’inizio del film che, in quanto
“soglia”, voglio analizzare e leggere anche come
testo autonomo che costituisce un vero e proprio
“saggio” sull’arte della scrittura
– e della sceneggiatura – in cui l’autore
è colto nel passaggio tra la creazione e il racconto di una
storia d’invenzione e la vita vissuta in prima persona e poi
condivisa attraverso il racconto filmico. Un saggio sull’arte
del racconto filmico e il suo rapporto con la finzione, anche quando
è racconto di sé. La tensione tra arte e vita,
realtà e sua rappresentazione: una inevitabile
sovrapposizione di cui Sally Potter vuole mostrare i confini
– indefiniti – e farsene testimone e interprete,
forse anche per dire a se stessa che ogni racconto contiene anche una
delle forme possibili attraverso cui il sé si racconta.
Creazione fa dunque rima con implicazione.
Dal buio della sala e dello schermo entra in scena per prima solo la musica: ad introdurre e a “segnare” l’inizio del film sono le note di un tango – le musiche sono originali – che fa eco a quello del titolo del film. Scorrono poi i titoli di testa insieme alla musica fino alla prima inquadratura: è il trionfo del bianco, del candore, dell’immagine in bianco e nero: la ripresa è dall’alto: una donna è intenta a pulire una superficie bianca. I gesti sono rapidi, sicuri. Stessa inquadratura che si allarga e dal bianco svela il movimento della mano e del braccio e poi la figura della donna e il tavolo tondo che sta preparando: proprio come per un inizio. Le note accompagnano l’ingresso nell’ambiente, una stanza di cui viene rivelato il tavolo tondo e bianco, uno sgabello altrettanto tondo e bianco, e una vetrata, di cui si vede solo la luce riflessa sul tavolo. Tutto è bianco e silenzio. La donna si siede al tavolo e sistema una risma di carta davanti a sé. Fogli ancora bianchi. E una matita. Intanto la musica si tramuta in suoni come di sottobosco. L’attenzione, e l’inquadratura, è tutta a quei fogli bianchi: il movimento visivo conduce a una parte del foglio e alle dita che tengono la matita che si poggia sul foglio come per iniziare a scrivere. Tutto quel bianco e quel candore virgineo che può essere rotto in ogni direzione, prendere qualsiasi forma. E il discorso “suona” sia se riferito all’autore che allo spettatore. In ogni caso è così che Sally Potter ha scelto di dare inizio alle sue Lezioni di tango: un minuto e ventisei secondi per passare dal tango del titolo – e quindi da tutto quello che lo spettatore porta con sé nel fare ingresso al cinema e in sala – e arrivare al chiarore quasi abbagliante del bianco che ha di per sé una forza suggestiva nell’annunciare la possibilità di una storia tutta nuova, nascente. Potremmo definirla una tecnica di seduzione, un artificio fatto ad arte per fare spazio all’esperienza del film e che fa da prologo al film, ne è come l’introduzione necessaria perché il film si realizzi e incontri lo spettatore. Non c’è fretta di arrivare ma tutta la voglia di far gustare anche gli spazi apparentemente vuoti e bianchi del processo creativo. Le immagini indugiano su quei fogli bianchi, vi sostano, creando e facendo rivivere tutta la tensione di un inizio nel quale la protagonista della storia (che è anche la regista) esita, mettendo in scena i suoi pensieri, la sua immaginazione. Dalla punta della matita posata sul foglio inizia a prendere forma una parola: rouge, pare ci sia scritto. Rosso. Come il lungo vestito di seta scarlatta di una donna che corre e cade al colpo di una pistola. Ecco, dopo il bianco, dopo il rosso, un colpo di pistola. Siamo a un minuto e trentatré secondi e abbiamo già raccolto diversi elementi dalla grande forza suggestiva, tanto da essere pronti ad ‘entrare’ nella storia. Intanto i piani narrativi sono due: quello in bianco e nero, che è come un dietro le quinte del processo creativo, e quello a colori, del racconto vero e proprio, dell’opera cui lo spettatore crede di dover assistere. Ma siamo solo all’inizio.
Lo sparo ha segnato come l’avvio. Le immagini tornano allo studio e alla donna seduta al suo tavolo di lavoro che accartoccia il foglio e lo butta via. Tornano a scorrere i titoli di testa. E poi, proprio come se su quel foglio l’autrice avesse continuato a scrivere e la storia avesse preso forma, le immagini sono quelle a colori in cui troviamo una troupe di tecnici che gira un film. Protagoniste tre modelle con i loro abiti a coda: blu, giallo e rosso. Si: il rosso. Ritroviamo la donna dello sparo. E allora l’attenzione si fa alta, le domande tante, che scorrono come i titoli di testa e si torna alla stanza e alla donna che scrive assorta nei suoi pensieri. L’inquadratura è più larga e a comparire nella stanza sono anche la coda di un pianoforte, una sedia in un angolo e parte della vetrata che dà su un muro di mattoni. È lo studio di un’artista intenta nel suo processo creativo. Ci si sente proprio come ad aver violato un segreto, un luogo sacro. Aver varcato la soglia al richiamo di note seducenti e aver trovato ad aspettarci niente di più che lo spirito candido dell’artista. È in questo spazio che lo sguardo si attarda e il tempo sembra dilatarsi. Per la pellicola sono passati appena due minuti e trentatré secondi, eppure sembra di aver attraversato lo spazio del sogno, dell’immaginazione: quello in cui tutto è possibile, tutto è ancora da farsi. Ed è paradossale perché la pellicola, come un libro, è già impressa: c’è bisogno solo di srotolarla per vedere come è stato deciso che andasse a finire. Eppure, con la sola complicità del bianco, si è aperto uno spazio, dentro cui si può sostare e prendersi il tempo di chiedersi come riempire tutti quei fogli ancora intatti, come dare forma alla propria storia, quali fantasie assecondare perché diventino realtà, e soprattutto se vivere distanti ed estranei al mondo oppure immergersi e intrecciarsi nella trama della vita, proprio come in un tango i danzatori uniscono i loro corpi in una danza appassionata in cui non si comprende chi è che conduce e chi si fa condurre. Il bianco, il rosso e il colpo di pistola sono gli elementi scelti per iniziare, tracce di una storia ed anche elementi di una strategia narrativa che la regista ha utilizzato per agire su più piani e per fornire le chiavi di lettura alla sua storia. Dal candore e dallo stupore verso il mondo può nascere una passione che colpisce e che trasforma: nel film, nel suo prologo, come nella vita della regista e di tutti i suoi spettatori. Dalla soglia del testo fin dentro le vite di ciascuno, il bianco, il rosso e il colpo di pistola risuonano fino a farci chiedere cosa sarebbe successo se nella storia che Sally Potter ci sta raccontando la protagonista non avesse seguito il richiamo del tango e non avesse varcato la soglia di quel teatro. Intanto, come nella vita anche nel film, non si può fermare la storia né attardarsi nel bagliore del bianco, ma muovere i primi passi e provare a danzare e a cantare la propria storia: inevitabile come per Sally Potter che sceglie in questa pellicola di essere esplicitamente parte implicata nella storia. Storia che la regista decide di raccontare in bianco e nero e che è costruita utilizzando le sonorità del tango argentino e la seduzione dei suoi sinuosi movimenti, il cui senso sembra fare continuo ritorno a quel bianco, a quel rosso e a quel colpo di pistola.