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MI RITORNI IN MENTE
di Gennaro Fucile

01Dimenticare è la norma, ricordare l’eccezione.
È sempre stato così, fino all’avvento dell’era digitale. Oggi accade il contrario, le memorie artificiali rendono impossibile l’oblio, tutto è fedelmente codificato, archiviato, conservato per l’eternità in quel grande magazzino chiamato Internet. In Delete, un saggio rigoroso, analitico, finanche pedante nell’esposizione, di recente tradotto anche in italiano (da Egea),Viktor Mayer-Schönberger, direttore dell’Information and Innovation Policy Research Centre alla Lee Kuan School of Public Management della National University of Singapore, analizza rischi, paradossi e possibili vie d’uscita da questa inedita dimensione del ricordo perenne. Uno stato esistenziale che in passato era stato confinato nel mondo della finzione, anzi delle Ficciones, il libro di Jorge Luis Borges dove si narra di Funes, el memorioso, che in seguito ad un incidente a cavallo non è più in grado di dimenticare. Uno stato di alterazione che si ritrova in casi estremi anche nel mondo reale. Mayer-Schönberger cita il caso di Aj, una donna californiana che “ricorda tutti  i giorni da quando aveva 11 anni, non in modo approssimativo ma in ogni minimo dettaglio”. Agli inizi del secolo scorso, il neuropsicologo sovietico Alexander Lurija si occupò di un caso-limite analogo, quello di un uomo con una memoria sconfinata, capace di ricordare ogni cosa. Narrò tutta la vicenda in un bel libro, Una memoria prodigiosa, da cui venne anche tratto un film nel 2000, Il Mnemonista per la regia di Paolo Rosa. Condizioni terribili e anche paradossali, perché la storia degli uomini può anche essere vista come un progressivo tentativo di superare il limite della memoria naturale, di creare tecnologie, a iniziare dalla scrittura, in grado di fissare i ricordi. Invece queste vicende che non sembrano reali, o non lo sono affatto come nel caso del Funes borgesiano, ci ricordano l’importanza della scelta, del selezionare, di operare dei distinguo tra gli avvenimenti, le scale di valori, i pesi e le misure. Ricordare, invece, è una maledizione. Nel suo saggio Mayer-Schönberger prende in esame le ricadute sulla privacy, gli effetti anche devastanti che episodi insignificanti possono, prima o poi, avere sulla vita delle persone una volta che sono stati accolti tra le braccia della grande memoria universale costituita dalle immense banche dati dell’era digitale. “La Rete non dimentica mai” era il titolo di un articolo scritto da J.D. Lasica sulla rivista online Salon, che sempre Mayer-Schönberger cita opportunamente. Questo ribaltamento delle logiche della memoria ha anche il suo mentore, non un personaggio immaginario, neppure un caso clinico, ma un essere umano sano e anche dotato di personalità, non un individuo anonimo. Il nostro uomo si chiama Gordon Bell e ha raccontato il progetto che ha intrapreso insieme a Jim Gemmel. Il libro si chiama Total Recall (come il film tratto dal racconto di Philip K. Dick), è proposto in Italia da Etas Kompass e racconta perché e come un pioniere del computer, un protagonista della rete abbia iniziato ad archiviare dal 1988 tutto, ma proprio tutto quanto avviene nella sua vita. Il progetto si chiama MyLifeBits, Bell coadiuvato da Gemmel ha scannerizzato e catalogato foto, lettere, certificati, biglietti aerei, e così via, registrato tutte le sue azioni, giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto con telecamere sensibili, GPS e software di avanguardia, fino a creare un archivio, un database di 261 gigabyte in continuo aumento. Ricordare è la regola, dimenticare l’eccezione, una rivoluzione copernicana. Siamo tutti coinvolti nella creazione del database universale. Prendiamo un gesto ormai quotidiano, consueto, banale, ascoltare musica ovunque, in casa, in giro sui mezzi pubblici, in bicicletta, in macchina, in treno, ovunque. Prendiamo un iPod, il modello da 160 gigabyte, un gadget che può ricordare decine di migliaia di brani, quarantamila canzoni, precisa Apple. Immaginiamo di dover prelevare da questa memoria esterna alla nostra un solo brano, di tornare a scegliere, di decidere che un brano, solo quello, in una particolare occasione merita di essere estratto dalla scatola sonora quale in fondo è un iPod, o la nostra mente. Ecco che si inizia a fare una prima pulizia sommaria, poi a distinguere, a valutare ciò che conta per affetto o per qualità intrinseca, si continua ad assottigliare la lista, restano in lizza solo brani memorabili, che ci hanno formato, emozionato, che ci hanno aperto gli occhi e non solo le orecchie. Restano in pochi, i grandi, i grandissimi, ma sono classifiche non ufficiali, fuori dagli schemi, si sceglie in base a mille variabili e poi ecco il brano per eccellenza che, almeno per una volta, vale la pena di segnalare sopra gli altri. Questo numero speciale di Quaderni d’Altri Tempi è nato così, un jukebox dove ognuno ha ricordato un brano in particolare e dimenticato tutto il resto. Il programma d’ascolto proposto oscilla tra il ludico e il sentimentale, vi si troverà un po’ di storia della musica, curiosità, iperboli, finzioni, qualche testo/brano da dimenticare e qualcun altro da ricordare e suonare ancora. Come diceva Rick, ovvero il vecchio Humphrey, Play it again.

02 ab 03 cd 04 ef 05 gh il 06