Un numero speciale, una donna fuori dal comune e una dozzina di cartoline
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[GIZA]
di Roberto Paura
La tesi fu
sostenuta anche da un ortodontista per il quale la conformazione del
volto sarebbe più vicina a quella delle popolazioni africane
ancestrali. Il riaccendersi del dibattito non può che far
attribuire un nuovo punto a favore di questo pionieristico egittologo
francese. Jomard non si pronunciò nelle
sue relazioni sull’epoca di costruzione del complesso di
El-Giza, sostenendo anzi nelle “Remarques et
recherches”: “C’è qualcosa di
misterioso nell’origine delle Piramidi”.
Benché anche Napoleone avesse sostenuto nella sua famosa
affermazione che le Piramidi dovevano avere circa 4.000 anni
(“quaranta secoli”), lo studioso era
dell’opinione che persistesse
“un’oscurità pressoché
completa sull’epoca della fondazione delle Piramidi e i nomi
dei loro fondatori” (Description, vol.
IX). Anche se veniva riportata l’attribuzione di Erodoto sui
fondatori delle piramidi (Cheope, Chefren e Micerino), Jomard
riportò nella sua relazione anche le opinioni di autori
arabi che sostenevano che le Piramidi fossero state costruite
“tre secoli prima del diluvio” – quindi
in epoche leggendarie – e il fatto che Erodoto e Plinio non
appoggiassero la tesi della funzione tombale delle Piramidi.
L’animo illuminista e ‘rivoluzionario’
dello studioso rifiutava, come quello di Napoleone, la visione delle
Piramidi come “il frutto di una vana e folle ostentazione
delle ricchezza dei re”, come sosteneva Plinio, e
argomentò nella sua relazione che la Grande Piramide (quella
di Cheope) non poteva assolutamente essere un semplice sepolcro:
“Tutto è misterioso, lo ripeto, nella costruzione
e nella distribuzione del monumento” (Description,
vol. IV). Nel sua ponderosa “Exposition du Systéme
Métrique des Anciens Égyptiens” che
occupa quasi tutto il settimo volume della Description,
Jomard propendeva piuttosto per la tesi che la Grande Piramide fosse
stata costruita con scopi di tipo matematico, scientifico e
astronomico, forse come strumento di misurazione delle distanze (gli
Egiziani, egli ricordava, erano stati i primi a calcolare le dimensioni
della terra), come dimostrerebbe il fatto che essa conservi nei suoi
rapporti le “unità di misura nazionali”
usate nell’Egitto antico (Description,
vol. VII). A ogni modo, la straordinaria riscoperta
della civiltà egizia nel corso di una spedizione militare si
può evincere dall’utilizzo di metodi piuttosto
rudimentali nello studio delle opere. Jomard effettuò a
più riprese la scalata delle Piramidi per misurarne
l’inclinazione, esercizio che sarà di moda per i
viaggiatori europei a El-Giza fino ai tempi del turismo di massa, e
riportò nella sua descrizione gli effetti di una scalata
più grossolana compiuta dagli arabi che aveva provocato la
caduta di un masso. Riportò inoltre la testimonianza dei
numerosi ‘graffiti’ lasciati sulla base della
Piramide di Cheope fin dal Cinquecento come ricordo dei viaggiatori, e
più di tutti le migliaia di firme lasciate dai soldati
francesi nel corso della spedizione napoleonica (Description,
vol. V p. 620).
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