Un numero speciale, una donna fuori dal comune e una dozzina di cartoline


NAPOLI
BARCELLONA
MILANO
LONDRA
TRIESTE
ISTANBUL
GARWAL
DENVER
ORTA SAN GIULIO
MIAMI
BOMARZO
GIZA
  [GIZA]
di
Roberto Paura


Le relative “Observations sur les Pyramides de Gyzeh” furono successivamente pubblicate nel nono volume della Description de l’Égypte. La spedizione lavorò assiduamente scavando intorno alle Piramidi e facendo anche riemergere parzialmente la Sfinge dalle sabbie. Vennero seguite inoltre le prime misurazioni scientifiche riguardanti le straordinarie dimensioni e i rapporti matematici della grande Piramide di Cheope e del complesso di El-Giza. Risalgono a questa spedizione le splendide tavole in cui si vedono degli uomini impegnati nel disseppellimento della Sfinge e dei soldati a cavallo davanti alle Piramidi illuminate dal sole nascente (Taschen, 2007). 
La descrizione più completa della piana di El-Giza è tuttavia opera di Edme-François Jomard, una delle anime della Description de l’Égypte, di formazione ingegneristica (aveva studiato al Polytechique fondato nel 1794) ma – come tutti gli illuministi – capace poi di riciclarsi come geografo, archeologo e letterato. Facendo seguito nel 1802 alla prima spedizione del colonnello Coutelle, Jomard redasse la “Description genérale de Memphis et des Pyamides” nel volume quinto e le interessantissime “Remarques et recherches sul le Pyramides d’Egypte” nel volume nono, in cui si rivela tutta la sua non indifferente capacità di archeologo. Nella sua “Description genérale”, Jomard analizzò la topografia delle Piramidi e ne ricalcolò con maggiore precisione le misure, ancora oggi validissime, non riuscendo a nascondere tutto il suo stupore per lo spettacolo del complesso di El-Giza: “Quello che si prova non è solo l’ammirazione che scaturisce dalla visione di un capolavoro dell’arte, ma è un’impressione profonda. L’effetto sta nella grandiosità e semplicità delle forme, nel contrasto e nella sproporzione tra la statura dell’uomo e l’immensità dell’opera che è uscita dalla sua mano” (Description de l’Égypte, vol. V). Proprio questo sgomento, che colpì i francesi in Egitto – dal semplice soldato all’illuminato studioso, fino allo stesso Napoleone – è ben rappresentato nelle tavole dell’opera, dove l’immensità delle strutture architettoniche è spesso confrontata in scala con le stature umane: ad esempio la veduta presa da est della Piramide di Chefren in cui si intravede un piccolo omino che sembra quasi alzare le mani al cielo di fronte all’immensità dello spettacolo che gli si para davanti (Taschen, ibidem). Un’osservazione particolarmente curiosa fatta da Jomard è quella riguardo le fattezze della Sfinge: per lo studioso francese, i tratti sono quelli di un ‘negro’, come dimostrerebbero i capelli crespi, la fronte bassa e rientrante, il naso schiacciato (già all’epoca il naso in realtà era stato distrutto, e secondo Jomard proprio questa circostanza avvalorava la sua ipotesi, perché nei bassorilievi e nelle statue egizie i nasi sono sempre aquilini). “Lungi da noi l’idea di denigrare con quest’osservazione le razze dei neri”, chiariva l’autore, ma non si capiva allora perché dare queste fattezze alla Sfinge quando tutte le altre opere antropomorfe egizie rivelavano l’appartenenza di questo popolo alla razza caucasica (Description, ibidem). Benché ci sia una certa concordia tra gli egittologi moderni nell’attribuire le fattezze del volto della Sfinge a quelle del faraone Chefren, nel 1993 il “New York Times” pubblicò il lavoro di Frank Domingo, medico legale in pensione del dipartimento di polizia di New York, che attraverso una comparazione al computer delle fattezze di Chefren e della Sfinge rigettò l’ipotesi della somiglianza sostenendo invece che la Sfinge avesse evidenti tratti ‘africani’, ‘nubiani’ o ‘negroidi’ assenti nel volto di Chefren.


 
Visualizza giza
in una mappa di dimensioni maggiori
print   | versione per la stampa | [1] [2] [3] (4) [5] [6]