Un numero speciale, una donna fuori dal comune e una dozzina di cartoline


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  [BOMARZO]
di
Adolfo Fattori


Lo stesso Manuel Mujica Lainez (nato nel 1910, è scomparso nel 1984) fu un personaggio a suo modo notevole: discendente di uno dei fondatori di Buenos Aires, educato dalla nonna all’amore per la letteratura, romanziere, saggista, giornalista, vincitore, come Julio Cortàzar, del premio intitolato a John F. Kennedy, negli anni della sua educazione passò due anni a Parigi dove cominciò a esprimere il suo talento per la letteratura dedicandosi alla narrativa storica, scrivendo un romanzo dedicato a Luigi XVII, continuando poi con una raccolta di racconti che ripercorrono la storia di Buenos Aires, e altri romanzi ancora, compreso Bomarzo, da cui fu tratta anche un’opera lirica di Alberto Ginastera, il cui libretto è dello scrittore, e che fu rappresentata per la prima volta nel 1976 a Washington perché proibita subito in patria per oscenità – una comoda scusa per la dittatura Videla appena insediatasi per impedirne la diffusione in patria, data la personalità del protagonista, un principe “… artista e anarchico” (Bredekamp, 1989). Quest’ultima circostanza, per certi versi eccentrica, anche se non unica, rispetto al consueto “percorso” di un romanzo, ci da, anche se solo indirettamente, una cifra del carattere di Bomarzo, e forse di tutte le opere che mescolano realtà storica e immaginazione narrativa. Intanto, l’immaginazione dello scrittore, nel riempire i vuoti, gli interstizi che si creano fra fatti reali e presunti, riesce a compiere una operazione necessaria alla comprensibilità delle cose: dare un senso specifico, se si vuole desunto, agli eventi e alle loro sequenze. E questo vale per le biografie, e a maggior ragione per le autobiografie “apocrife”, scritte, fra l’altro secoli dopo il periodo in cui il/la protagonista ha vissuto. Un senso che ce lo/la rende comprensibile, affine, e ci rende solidali e contigui a lui o a lei, permettendo allo scrittore – e a noi lettori – di affermare qualcosa di più anche di noi stessi. Nel caso del romanzo di Mujica Lainez c’è di più, qualcosa connesso alla struttura intrinseca dell’opera. La scelta del personaggio centrale, non certo una delle figure più note nella storia del Rinascimento, permette sì allo scrittore maggiore libertà nell’intrecciare Romanzo e Storia, ma gli consente anche di dare lustro a un personaggio straordinario e misconosciuto, e di valorizzare un luogo che definire affascinante è poco, oltre che di disporre di un perfetto filo conduttore per raccontare le vicende dell’epoca. Ancora, la sua costruzione, il registro linguistico, il clima complessivo che Mujica Lainez imbastisce, fa del romanzo una macchina unificante degli immaginari e dei generi, facendo viaggiare il lettore non solo nel tempo, dal passato degli archivi, al presente attuale, al passato metastorico dell’immaginazione, al presente presunto da cui ci parla il protagonista, ma da un genere narrativo all’altro, inducendolo a individuare connessioni, definire legami, istituire rapporti, regalandoci un’opera che, in pieno Novecento, ripropone la tradizione del romanzo storico, attualizzandola e legittimandola.

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— Bredekamp H., Vicino Orsini e il Sacro Bosco di Bomarzo.
Un principe artista ed anarchico
, Edizioni dell'Elefante, Roma, 1989.

— Lewis M. G., The Monk, 1820, trad. it. Il monaco, Bompiani, Milano, 2000.

— Maturin C. R., Melmoth the Wanderer, 1820, trad. it. Melmoth l’errante, Utet, Milano, 2008.

— Mujca Lainez M., Bomarzo, 1962, trad. it. Bomarzo, Rizzoli, Milano, 1965;
Settecittà, Viterbo, 1999.

— Yourcenar M., Mémoires d’Hadrien, 1951, trad. it. Memorie di Adriano,
Einaudi, Torino, 2005.

— Ginastera A., Bomarzo, CBS, USA, 1967.

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