Un numero speciale, una donna fuori dal comune e una dozzina di cartoline
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[BOMARZO]
di Adolfo Fattori
Il principe, attraverso
la penna dello scrittore, racconta la sua educazione, affidata da
subito dal padre ad altri perché disgustato e vergognoso
della deformità del figlio, e quindi la propria vita e le
sue avventure, attraverso gli anni dell’infanzia e quelli
dell’adolescenza, fino alla maturità,
ripercorrendo contemporaneamente la cupa storia di quei decenni, le
brutalità, gli intrighi sotterranei, le guerre in campo
aperto e dentro le stanze del potere, la corruzione del papato, ma
anche i suoi amori, i suoi interessi, le sue passioni, gli incontri
– orchestrati da Mujica Lainez fra realtà storica
ed elaborazione fantastica – con i grandi della sua epoca, da
Miguel Cervantes a Benvenuto Cellini, ai papi di quegli anni, a
Paracelso, a Don Giovanni d’Austria, a Carlo V, fino
all’edificazione, cominciata nel 1547 e continuata almeno
fino a poco prima della sua morte, nel 1583, della sua grande opera: il
parco di Bomarzo, non solo “Bosco dei Mostri”, ma
vera e propria macchina per l’immaginazione, la fantasia, la
riflessione filosofica e sapienziale. L’andamento della
narrazione procede intrecciando gli eventi storici con le vicende
personali del principe, che Mujica Lainez fa esprimere come se stesse
scrivendo dal presente, offrendoci riflessioni che gioco forza
articolano un pensiero fuori del tempo, filtrato attraverso i secoli
che separano l’oggi del Novecento
dall’ieri del Rinascimento. Lo scrittore
argentino, dando voce all’Orsini, rende bene il senso del
Bosco come luogo in cui attraverso le dimensioni sproporzionate delle
sculture e le architetture distorte dei corpi di fabbrica di cui
è popolato il parco si possa “leggere”
la grande cultura del principe e la ricchezza delle sue radici, da
quelle classiche a quelle più vicine alle dimensioni
alchimistiche, esoteriche, sapienziali – che gli valsero
più di un sospetto da parte del Vaticano – come la
sua irrequietezza e inquietudine di fondo, connesse alla consapevolezza
del suo aspetto, certo, ma anche al senso di appartenenza solo parziale
alla sua epoca. L’organizzazione scenografica del parco
ribadisce e rafforza il senso labirintico di estraneità,
disorientamento e indeterminatezza del complesso, da leggere come un
testo da interpretare, di cui cercare la chiave fra i viali, le statue,
le costruzioni. Il Bosco dei Mostri infatti si distende in una selva
sulle pendici di uno dei colli vulcanici della zona, e si sviluppa come
un labirinto popolato di figure mitiche dalle proporzioni
straordinarie: due sfingi ad “accogliere” i
visitatori, due giganti che lottano fra loro, Ercole, un Orco, animali
giganteschi, le iscrizioni e i motti incisi nella pietra …
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