LA PORTATA… DISSACRANTE DEL POSTMODERNO
di Fiorenza Gamba |
foto di Ambra Zeni | ||
Certo, proseguendo in questa direzione, anche la
contemporaneità si contraddistingue per
l’esistenza per quanto riguarda il cibo di una netta
separazione tra il sacro e il profano o, per usare le categorie di Mary
Douglas tra il puro e l’impuro: da un lato
l’agricoltura biologica, il turismo eno-gastronomico, le
certificazioni per le nicchie agro-alimentari, dall’altro gli
Ogm, i pesticidi, la diossina, i mangimi, gli estrogeni. Tuttavia si
delinea una differenza significativa, perché i processi di
contaminazione e purificazione tra le due categorie non sono quasi mai
espliciti ed evidenti; al contrario, la trasformazione assume spesso le
vesti dell’inganno. Così non sono le azioni
simboliche del rituale che trasformano, anche solo temporaneamente, il
profano, l’impuro nel sacro, puro. Nella contemporanea
sacralità del cibo l’impuro invade subdolamente il
puro e con effetti tanto più durevoli – e dannosi
– quanto più ignorati: i falsi prodotti biologici,
la cui percentuale è altissima, sono in realtà
l’affermazione di pratiche negative. In questo caso la
ritualità svolta dalla parola, vale a dire definizioni,
diciture, certificazioni che dovrebbero assicurare la
sacralità, non è una procedura simbolica, ma una
pratica di copertura di più ampi e materiali interessi
economici. Come nel sacro, anche nella ritualizzazione contemporanea
uno stesso elemento può avere valenza positiva o negativa,
ma, diversamente rispetto al sacro, non sempre si tratta di
un valore assegnato consapevolmente e congiuntamente dalla
collettività. | ||
[1] [2] (3) [4] [5] [6] [7] [8] | ||