Tuttavia, questa cauta apertura di credito nei confronti della
simulazione è fortemente sbilanciata verso gli aspetti e le
applicazioni cognitivi: vale a dire che la simulazione è
legittima,
giustificata, corretta, buona quando è
uno strumento al
servizio dei risultati della conoscenza e dello sviluppo scientifico.
Una legittimità che si risolve nel proprio contrario quando
la
simulazione diventa lo strumento per produrre un tipo particolare di
esperienza, quello legato alle emozioni. Inconciliabile con la sfera
emotiva, la simulazione non è più sottoposta al
vaglio di categorie
conoscitive - il Vero - bensì a quello di categorie etiche
– il Giusto.
Ne deriva che la simulazione si trasforma in una forma di esperienza
illegittima di cui vengono messi in evidenza gli aspetti negativi: dal
momento che l’emozione è qualcosa di diretto, di
impossibile a
sottoporre a mediazione, essenzialmente qualcosa di buono, qualsiasi
azione che non risponda a queste condizioni risulta artificiale o
perniciosa, o peggio, prodotta sotto il segno dell’inganno
volontario,
quindi pericolosa. In un solo caso questa
negatività viene in parte riabilitata, ed è
quello del gioco, al quale la simulazione è spesso
assimilata, ma anche
qui solo a certe condizioni. Infatti, come dimenticare che nella sua
forma tecnologica più emblematica – il videogioco
– l’unione di gioco e
simulazione è spesso causa, secondo alcuni studi3, di
disturbi del
comportamento o di atteggiamenti asociali?
Tralasciando però questi eccessi, vale la pena di
sottolineare la
stretta relazione tra la cultura della simulazione e la dimensione
ludica, riferita in particolare alle tecnologie informatiche. Infatti,
attraverso lo schermo (di un videogioco, ma soprattutto di un
computer), si possono compiere azioni virtuali i
cui effetti
materiali, cognitivi o affettivi sono estesi alla realtà. La
virtualità
che si esperisce attraverso questo processo consiste in una distanza
dalla realtà che non ne implica la separazione, ma piuttosto
un
equilibrio paradossale. Nella fenomenologia della simulazione
l’azione,
che pur astrae dalle coordinate spazio-temporali della
realtà, non si
tramuta in irrealtà, ma, invece, diventa
deterritorializzata, capace
di generare molteplici manifestazioni concrete, senza attivare un
legame univoco con la realtà. Ciò implica una
distanza che non recide
tale legame, bensì lo riattiva e lo moltiplica. In maniera
del tutto
analoga, anche il gioco attiva la medesima struttura, infatti, anche il
gioco è una distanza paradossale dalla realtà, la
quale però si afferma
come realtà del giocare, poiché ciò
che è importante non è la sua
apparenza, ma la sua distanza, vale a dire “una
realtà con la quale
riusciamo a tenere una distanza dalla realtà: un gioco
appunto rispetto
alla realtà comune, un allargamento e uno spazio che il
gioco ci fa
guadagnare rispetto ad essa” (Dal Lago, Rovatti, 1993, p.17). La
simulazione, quindi, considerata nei suoi diversi gradi e nelle sue
diverse forme, è essenzialmente
un gioco e diventa una forma privilegiata d’azione in cui la
possibilità di agire oltre le restrizioni che la
realtà fisica impone
costituisce uno spazio non solo dell’esperienza ma anche
dell’emozione
in cui regole ritenute immutabili sono ridiscusse e rinegoziate. Soffermiamoci
allora sull’emozione, in particolare, su una forma
specifica di emozione – il dolore – applicata ad un
contesto definito:
la morte, il lutto, e i rituali ad essi connessi. Può la
simulazione
essere presa in considerazione come strumento non solo adeguato, ma
soprattutto giusto, legittimo per produrre
un’esperienza
significativa nei confronti della morte, del dolore che essa produce e
della necessità di elaborarne un vissuto attraverso rituali?
La
presenza sul Web di siti dedicati all’elaborazione virtuale
del
dolore causato dalla morte indica che si tratta di una procedura
praticata. Molte sono infatti le pagine che affrontano la morte da
prospettive diverse o che, come i cimiteri virtuali, producono
simulazioni dei rituali funebri. Ma come si originano e come si giustificano
queste simulazioni che producono esperienze a forte contenuto emotivo?
Quali sono le condizioni che hanno prodotto queste forme moltiplicate
di esperienza?
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