Un numero speciale, una donna fuori dal comune e una dozzina di cartoline
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[LONDRA]
di Erika Dagnino
Come innescare oggi un recupero del magico? Vogliamo credere
qui all’atemporalità della magia e che essa
risieda nei ritagli e nelle fessure, nel singolo particolare che da
ritaglio minimo si diffonde nello spazio fino a una dimensione di
infinito.
Solo
una piccola parte della Serpentina si trova all’interno dei
Giardini, perché subito dopo passa sotto un ponte e si
spinge lontano, fino all’isola dove vengono alla luce gli
uccelli che un giorno diventeranno bambini e bambine.
(Barrie, 2007, p.55).
Guardiamo con ulteriore sguardo nostro alla realtà
effettiva del giardino-parco, mentre camminiamo per Londra, quasi
dickensianamente, facendo passeggiate di ore e ore a piedi, volendosi
spostare da una zona all’altra, (vivendo innanzitutto la
città a piedi, su strade percorribili, dove i colori, gli
odori, i suoni non sono necessariamente quelli della metropoli del
terzo millennio, e tendendo a cogliere della città gli
elementi eterni immutabili nel corso del tempo, piuttosto che
l’ultimo monumento al progresso o il più recente
grattacielo alla moda), guardiamo i Kensington Gardens come una via di
transito, sorta di taglio-scorciatoia, tagli anche geometricamente
intesi, che permettono di andare da una parte all’altra,
generando una frammentarietà legata alla dimensione del
camminare, che sembra assumere proprietà esponenziali
misurando con gli occhi la figura del giardino intersecata da diversi
segmenti: vie, sentieri, acqua, rami, tronchi, ramificazioni. Entro
la città luogo complessivo, in cui ogni piccola dimensione
contiene in sé stessa quella grande. Nonostante
l’opposizione natura, artifizio. Anch’essa, la
città, attraversata come una figura geometrica che
può avere propaggini, già essa propaggine che
porta verso, se non proprio il nulla, l'altro da sé.
Totalmente irregolare, figura composta di frammentazioni. Finanche a
chiedersi, Dove è il resto della città non
percorsa dai propri passi? Ogni spazio diventando
un’espansione visiva, esperienziale della città,
che nasce nel momento in cui incontra la parte più reattiva
del soggetto. Ogni passo è un momento
dell’espansione e della spazializzazione. Fino allo
spostamento dimensionale. Dalla città ai giardini, dai
giardini alla città,
nell’inesauribilità della città come
somma inesauribile di alterità. Entro l’assunto:
non c’è cosa reale che non sia trasfigurazione.
Ma se la magia può risiedere solo sul preciso
dettaglio che evoca la magia trascorsa, magari per contrasto, forse
è questo un caso in cui, con un’ammissione di
scricchiolamento dell’affabulazione soggettiva, il modo
più immediato e facilitato di trasfigurazione si verifica
proprio attraverso la pagina stessa. Attraverso quelle immagini di
spazio e dei suoi elementi e abitanti antropomorfizzati.
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