[ conversazioni ]
Le culture del feticismo messe a nudo da Louise J. Kaplan di Adolfo Fattori |
Il tema della morte di una persona cara, che lei affronta in Voci dal silenzio
(No Voice is Ever Wholly Lost)
e l’incapacità per la nostra cultura di gestire
l’idea della morte è
anche uno degli argomenti cardine della sociologia contemporanea, come in Zygmunt Bauman, Il teatro
dell’immortalità16. Cosa può
dirci al proposito?
(Infatti in Falsi Idoli)… vado poi avanti nel mostrare come la farsa erotica del feticismo sessuale che si trova in cima alla lista delle perversioni si estende infine all’ultima perversione nella lista – la necrofilia – l’istinto di morte, che si dipinge di sfumature erotiche. Dovremmo, quindi, sospettare che ci sia un tema erotico che occupa un posto di primo piano nell’analisi e che la ricerca della morte sia un tema relegato in secondo piano. Qui mi sto riferendo anche a questa domanda, concernente l’incapacità della nostra cultura di gestire l’“idea della morte” e di come questa incapacità sia diventata una pietra miliare nella sociologia contemporanea, come nel lavoro di Zygmunt Bauman Il teatro dell’immortalità. E, naturalmente, anche qui sto parlando dei modi per evitare la morte, cosa che è stata così ben evidenziata nelle fantasie menzionate in precedenza riguardo alla sostituzione delle parti umani in decadimento con parti robotiche. Le sue considerazioni sulle personalità “As-if” e sui reality show rimandano all’intero dibattito sociologico sui mass media, sui loro effetti, sull’infantilizzazione delle identità contemporanee. Le posizioni di sociologi e filosofi contemporanei come Pascal Bruckner17, ad esempio, sono compatibili con le analisi psicoanalitiche? Ancora, tutte le più sofisticate strategie di marketing mirano a fornire un’identità al brand e ad instaurare relazioni con i consumatori definite brand experience e shopping experience. È forse qui che si annida il “virus” da cui si originano tutte le dinamiche feticistiche? O, quantomeno, è questa la dimensione feticistica della civiltà materiale? E ora, infine, queste ultime due domande – (su problemi) che in Falsi Idoli, sono trattati come diversi aspetti di un’unica tendenza nella società contemporanea - cui Lei si riferisce come “dimensione feticistica della civiltà materiale”. Non so molto su Pascal Bruckner, che negli Stati Uniti ha una reputazione incerta, essendo un fascista mascherato da multiculturalista. Ma so che Lei ha centrato il punto quando richiama l’attenzione sull’infantilizzazione delle identità contemporanee nelle personalità “as-if” focalizzate sugli spettatori dei reality in tv. Nella conclusione del mio capitolo basato sul feticismo delle merci in Marx, nella versione italiana di Falsi Idoli, appunto “Il feticismo delle merci”, parlo in particolare del reality show TV, The Real World, che cattura una dimensione speciale della strategia del feticismo: “La robotizzazione dell’essere umano. In questo senso è la conferma della profezia di Marx quando diceva che gli esseri umani stavano diventando immaginari e irreali, mentre le cose immaginarie diventavano reali e tangibili.” Quindi ripeto la citazione che apre questo capitolo sul feticismo delle merci di Marx, “Tutto il nostro progresso e le nostre invenzioni attribuiscono una vita intellettuale alle forze materiali e mortificano la vita umana con la forza materiale.” Uso frequentemente questo motto di Marx nel corso del libro e faccio riferimento ad esso specialmente nel mio capitolo sui robot e gli umani. Naturalmente, Marx parlava nello specifico della mercificazione degli esseri umani. È la pietra miliare delle sue teorie sulle relazioni sociali incorporate nella produzione di merci. Il “segreto” del feticismo delle merci si pone fuori dai rapporti intricati tra il lavoratore il cui lavoro produce la merce e il capitalista, che di quel lavoro si nutre per massimizzare il profitto ricavato dalla merce venduta. |
Nella mia introduzione a questo capitolo, vorrei dire che il primo principio della strategia del feticismo acquista una espressione definitiva nel concetto di surplus labor di Marx. Quando il surplus labor di un lavoratore si trasforma nel profitto per il capitalista, il lavoratore si trasforma in merce - una cosa inanimata come una scarpa o un tavolo. Così, qualcuno dotato di una propria energia enigmatica e di una essenza immateriale viene trasformato in qualcuno o qualcosa di reale e materiale. Nell’ultimo capitolo intitolato Le Culture del feticismo, ritorno sul capitolo “Scrivere Sulla Pelle,” e su una recensione di un film che tratta le mutilazioni della pelle, In My Skin18. Il recensore sottolinea che il taglio della pelle, la compulsione a tagliarsi la pelle, è un tentativo disperato di ristabilire una connessione con un corpo che è stato perso. Ed egli identifica anche le culture e le razze che coltivano questa sconnessione con il corpo umano. “In una sterile cultura aziendale dove gli appetiti umani sono quantificati, addomesticati e manipolati da ricerche di mercato e dove le persone vengono ricompensate per il loro funzionamento come degli automi, i tic incontrollabili sono davvero le ansiose convulsioni di ribellione di uno spirito animale oppresso.” E proseguo questo ragionamento dicendo (pag. 162) “Molti, anche se sembrano adattarsi senza problemi alle tecnologie che sono offerte, rispondono inconsciamente con il tremore di un animale che è tormentato da un qualcosa che non comprende.” “La sterile cultura aziendale” che manipola i desideri e gli appetiti umani attraverso le sue duplici pratiche di mercato, è una variazione del feticismo delle merci che aliena gli esseri umani da gli altri esseri umani e da essi stessi. La cultura aziendale, oggigiorno personificata dalla presenza di Donald Trump e del suo reality TV show The Apprentice, è una forza potente, non soltanto in un reality TV ma nella vita di tutti i giorni. E quindi chiedo, “Perché gli esseri umani accettano la disumanizzazione, l’alienazione, la commercializzazione? Siamo più a nostro agio in un monologo con una macchina che rispecchia semplicemente quello di cui abbiamo bisogno e quello che desideriamo, rispetto ad un rapporto che richiede un incerto ed ambiguo scambio di dialogo umano?” E in questo caso spesso rispondo citando Engels, “Proprio come le persone sembrano impegnate in una rivoluzionaria trasformazione di se stessi e di ciò che li circonda – come sostiene Engels – essi evocano ansiosamente in loro aiuto gli spiriti del passato, prendono in prestito i loro nomi, grida di battaglia, costumi, al fine di ristabilire una nuova fase storica del mondo in una maschera onorata nel tempo e in discorsi presi in prestito”. Come ci suggerisce la strategia del feticismo, è più sicuro rimanere in ciò che è noto e certo, anche se questo significa soffrire e subire nuovamente i traumi del passato, piuttosto che tentare di creare qualcosa di nuovo ed incerto, con tutte le invitanti ambiguità e le possibilità impegnative che ciò comporta. La creatività è un pericolo. Se c’è una scintilla, può svilupparsi un incendio. Bisogna spegnerla prima che sia troppo tardi. Spero di aver risposto alla maggior parte delle Sue domande. In tutti gli esempi, ho tentato di riferirmi alle parole che ho scritto in Falsi Idoli. E sono stata felice di scoprire che la maggior parte delle volte le risposte erano proprio lì. |
Traduzione dall‘inglese di Antonella Capasso. Ringraziamo Riccardo Mazzeo e Sara Modena (Edizioni Erickson) per la preziosa collaborazione |
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16. Z. Bauman, Il teatro dell’immortalità, Il Mulino, Bologna, 1995. cfr. Quaderni d'Altri Tempi n.XI: Zygmunt Bauman: questa società liquida… l’uomo |
17. Pascal Bruckner,
La tentazione dell'innocenza, Ipermedium libri, S. Maria C.V., 2001 | 18. Marina De Van, Dans ma peau, France, 2002. |
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