È anche un’uscita che rende chiaro l’ambiguo rapporto che l’editore intrattiene con l’autore. Da un lato Einaudi detiene i diritti su tutti gli scritti di Beckett che in parte ha affidato alle amorevoli cure di Gabriele Frasca, dall’altro lascia che i titoli vadano fuori catalogo (Come è, ad esempio). Frasca con passione e intelligenza ha finora curato, ritraducendo Le poesie, Watt e Murphy (prima edizione condotta sul testo inglese, mentre storicamente in Italia abbiamo letto la traduzione di Franco Quadri condotta sulla traduzione in francese a opera dello stesso Beckett). Qui si è cimentato con un doppio trittico, mettendo finalmente ordine nell’ultimo Beckett, testi riuniti sotto il titolo di Nohow On (scelto dall’autore) e usciti nel 1989 presso gli editori John Calder di Londra e Grove Press di New York. Il lettore ci perdonerà, ma anche se potrà sembrare un po’ pedante, vale la pena di ricostruire i trascorsi editoriali italiani di questi testi. I primi tre sono Compagnia (Company), Mal visto mal detto (Mal vu mal dit) e Peggio tutta (Worstward Ho) sorta di seconda trilogia successiva a quella costituita dai tre grandi romanzi Molloy, Malone Muore, L’innominabile. Tutti erano già usciti in edizione italiana. Compagnia era apparso nella traduzione di Roberto Mussapi per le edizioni Vita&Pensiero nel 1981 (edizione che aveva il pregio di riportare il testo inglese a fronte). In seguito (1986), Jaca Book aveva poi ripubblicato il testo insieme a Worstward Ho, sempre con traduzione di Mussapi e quest’ultimo con il titolo lasciato come in originale. Il testo di Compagnia si compone di 56 brevi capoversi dove come polvere si annida del materiale autobiografico. Tre protagonisti, una voce, qualcuno che ascolta e un terzo incomodo (“quell’altro canchero”, il lettore?). Memorabile l’incipit: “Giunge una voce a qualcuno nel buio. Si immagini.” Chi non conosce Beckett avrà comunque già capito che non abbiamo nessuna trama da raccontare se non il brusio incessante della parola. Mal visto mal detto, a sua volta, era stato pubblicato la prima volta da Einaudi (1984) nella traduzione di Renzo Guidieri e poi nel 1994 inserito nella collana Scrittori tradotti da Scrittori, dove il testo italiano (sempre nella traduzione di Guidieri) accompagnava il testo francese originale e la traduzione dello stesso Beckett in inglese (Ill seen ill said). Qui, nel mezzo di una pietraia, in un casotto una vecchia donna (r)esiste reiterando minime occupazioni/ossessioni: l'osservazione del moto degli astri, ed in particolare di Venere, e le visite regolari ad una pietra tombale. Quanto a Peggio tutta, ancor più incorporea una voce si incarna in 96 brevi capoversi. Il secondo trittico, Sussulti, comprende Né l’uno né l’altro (Neither), Fremiti fermi (Stirrings Still, 1988) e Qual è la parola (Comment dire/What is The Word). Anche qui si tratta di lavori già pubblicati in ordine sparso. Fremiti fermi era stato pubblicato nel 1997 da SugarCo come Stirrings Still (Ultimi sussulti) nella traduzione di Sergio Cigada, Qual è la parola era contenuto nel volume citato Le poesie (1999 e poi 2006). Infine Né l’uno né l’altro (Neither), composto per il compositore statunitense Morton Feldmann, unico dei sei testi qui proposti ad essere del tutto inedito in Italia. Fremiti fermi registra un fugace riapparire di una pseudo struttura narrativa e quindi non ne sveleremo la trama (si fa per dire). Su Né l’uno né l’altro basterà ricordare che Feldman chiedendo a Beckett un libretto da musicare, gli disse che si aspettava “la quintessenza”, e così fu. Su Qual è la parola, l’estratto riportato (sono due pagine complessive) è più che eloquente. Il volume include anche una preziosa prefazione del traduttore. Terminato questo centinaio di pagine, torna l’assillo delle innumerevoli domande che Beckett sollecita. Si legge in Coda (in appendice a Watt): “chi mai la storia fino in fondo del vecchio potrà raccontare? pesare su un piatto l'assenza? valutare in piena coscienza tutto ciò che viene a mancare? dei tanti dolori del mondo stimare la somma e la mole? rinchiudere il niente in parole?” Incessanti innumerevoli domande e non resta che ricominciare daccapo. Gennaro Fucile |
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