LE DUEMILA E UNO ODISSEE DELLA CULTURA GIOVANILE
di Carmine Treanni | ||
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Giunto su Giove, e siamo all’ultima parte del film denominata “Giove e oltre l'infinito”, Bowman si avvicina al monolito in orbita intorno al pianeta, attraverso una capsula. Il monolito spedisce Bowman dentro un percorso attraverso lo spazio e il tempo, sorvolando stelle e pianeti alieni finché si ritrova con la propria capsula in un impossibile appartamento dal decoro settecentesco, dove vede se stesso invecchiare rapidamente, in fasi successive ogni volta esterne al proprio sguardo. Ormai decrepito, muore davanti a una nuova apparizione del monolito nero e rinasce in forma di feto. Quest’ultima sequenza, totalmente psichedelica, rimanda ad un’esperienza forte e fuori da ogni schema. Un’esperienza mentale che non ha agganci con la fisicità della vita e che invece trova radici nella irrazionalità e nella spiritualità. Ecco come Leary descrive l’esperienza psichedelica in un suo noto libro: Un’esperienza psichedelica è un viaggio verso nuovi reami di coscienza. La dimensione ed il contenuto dell'esperienza non hanno limiti, ed i suoi connotati caratteristici sono la trascendenza dei concetti verbali, delle dimensioni spazio-temporali e dell'ego o identità. Tali esperienze di coscienza espansa possono verificarsi in una varietà di modi: deprivazione sensoriale, esercizi yoga, meditazione disciplinata, estasi estetica o religiosa, oppure spontaneamente. Più recentemente sono diventate accessibili a tutti tramite l'ingestione di droghe psichedeliche quali psilocybina, mescalina, DMT, etc. Chiaramente, non è la droga a produrre l'esperienza trascendentale. Essa funge solamente come chiave chimica, apre la mente, libera il sistema nervoso dagli schemi e dalle sue strutture ordinarie12.Il grande regista americano voleva in realtà che lo spettatore – quello di allora, ma il discorso vale anche per oggi – si lasciasse trasportare dall’esperienza visiva che in realtà il film è, se si pensa che in tutta la pellicola – che dura la bellezza di 143 minuti – ci sono solo 25 minuti di dialogo. Un film che si deve “leggere” innanzitutto con i sensi: gli occhi per guardare l’immensità dello spazio in cui si staglia l’astronave in viaggio verso Giove, per indagare sulla comparsa di un misterioso monolito nero; le orecchie con cui si devono ascoltare le immense musiche scelte dallo stesso regista per accompagnare le immagini, su cui spicca Il Danubio Blu di Johann Strauss Jr., ma che è anche una delle chiavi di lettura del film, nel suo manipolare immagini tecnologiche e suoni del passato, motivi più popolari come appunto il brano di Strauss e composizioni arcigne, carpite all’avanguardia accademica, come la Lux Eterna di György Ligeti. Non c’è alto e basso nell’arte, come nello spazio. Un film da vedere, rivedere, e ancora (ri)visionare. Un film che si può definire psichedelico, e che come sottolinea Enrico Ghezzi: Per milioni di spettatori che dal ’68 a oggi hanno decretato il trionfo del film a dispetto di chi parlò di «noia abissale», 2001 è stato soprattutto un’esperienza sensoriale (non solo visiva) del tutto nuova, la percezione di uno «spazio» inedito, con dentro un seguito di eventi straordinariamente semplici contrappuntati dall’apparizione di una forma «semplice» (il monolito) e definita nelle sue funzioni (far compiere un salto alla Storia e quindi alla storia) ma incomprensibile e misteriosa quanto alla provenienza e al senso13.E, allora, in conclusione non possiamo non sottolineare con Proietti che: […] un film come 2001: A Space Odyssey di Stanley Kubrick (2001: Odissea nello spazio, 1968) […] sarà un omaggio alla cultura psichedelica, non solo per la componente visiva (il balletto tecnologico, la visione cosmica) ma anche per il racconto. Ripercorrendo la storia umana nella vicenda di un homo faber ineluttabilmente legato alla violenza (la scimmia che scopre il primo utensile, un osso per uccidere, e lo lancia in aria – con uno stacco che lo trasforma nella fantastica stazione spaziale orbitante), con un'esplorazione dello spazio tragica per colpa del novello mostro di Frankenstein, il computer sfuggito alla programmazione, arriviamo all'epopea visionaria del sopravissuto, fra giochi di luce psichedelici e scene passate, fino alla comparsa di un feto che, si presume, rappresenta il successivo passo nell'evoluzione (stavolta, forse, diverso dalle premesse umane). Anche queste fantasie sono al centro della controcultura […]14.Alla fine il film di Kubrick pone le stesse domande che i giovani ribelli del “Sessantotto” si ponevano: “da dove vengo, chi sono, dove vado”. L’astronauta Bowman è il rappresentante di questa nuova categoria che diventa ben presto facile preda del marketing delle grandi multinazionali che, a loro volta, si appropriano dei simboli prodotti proprio dai giovani e li trasformano in merce. Il prezzo è la cooptazione nel sistema. Tutto diventa normale e viene normalizzato. La moda, gli stili di vita, la musica, la letteratura, le avanguardie artistiche: tutto viene fagocitato dalla società delle merci, che si scopre, anche qui grazie al Sessantotto, globale e globalizzabile, dal punto di vista anche culturale. “L’immaginazione al potere!” era lo slogan che campeggiava sui muri di Parigi nel maggio del Sessantotto, che nel 2008 potrebbe essere sostituito con un “L’immaginazione della merce è al potere”! La distanza temporale fra 1968 e 2001(8) è tutta qui. | ||
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12. Timothy
Leary, Ralph Metzner, Richard Alpert, L'esperienza psichedelica, Sugar, Milano 1969 (1963). | ||||||
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LETTURE
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Francesco Alberoni, Movimento e istituzione, Il Mulino, Bologna 1977 |
Luca Bandirali e Enrico Terrone, Nell’occhio, nel cielo. Teoria e storia del cinema di fantascienza, Lindau, Torino 2008 Enrico Grezzi, Stanley Kubrick, L’Unità/Il Castoro, Milano 1995 | Salvatore Proietti, Hippies! Dall'India alla California la road map del '68, Edizioni Cooper, Roma 2008 |
Paolo Sorcinelli e Angelo Varni, Il Secolo dei giovani: le nuove generazioni e la storia del Novecento, Donzelli Editore, Roma 2004 |
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