LE DUEMILA E UNO ODISSEE DELLA CULTURA GIOVANILE
di Carmine Treanni | ||
I
pochi
eventi storici elencati sono utili a dimostrare come il 1968
è stato un
anno che ha gettato semi per il futuro di intere generazioni e che ha
generato un nuovo modo di concepire la società, a cominciare
dalla vita
quotidiana. Scrive Alberto Abruzzese, sottolineando
proprio
l’elemento di frattura vissuto dalla società,
dovuta all’affacciarsi
dei giovani nella sfera pubblica, politica e sociale:
Può essere una tesi difficile da sostenere e dimostrare in base alla documentazione fornita dalle cronache, già frutto di una mitologizzazione sia sul fronte della politica, sia su quello della vita quotidiana, ma a mio parere quella del '68 fu – per l'Italia in modo particolare, ma anche per altre nazioni protagoniste di un ancora più intenso o traumatico salto innovativo sul piano della vita quotidiana, dei suoi bisogni e ancor più dei suoi desideri – l'insurrezione spontanea di giovani che nascevano da una società appena entrata nella civiltà dei consumi di massa e dunque desiderosa di spezzare le catene di regimi educativi pubblici e privati ormai troppo rigidi e delegittimati in quanto frutto di sistemi ben più elitari e gerarchici1.Abruzzese sottolinea anche un elemento importante: quello dei consumi a cui è speculare quello culturale. La civiltà dei consumi, di cui ormai era pervaso l’Occidente, reclama nuovi adepti, nuovi possibili acquirenti individuati proprio nei giovani, che diventano anche creatori della moda, del costume e della cultura di quegli anni. Quando si parla di “Sessantotto” non si deve dimenticare che i veri e unici protagonisti furono i giovani, di tutti i paesi occidentali. Furono loro a reclamare e pretendere – per la prima volta – una visione diversa del mondo, da quella dei loro padri e dei loro nonni. Il loro sguardo era rivolto al presente e al futuro, ma non al passato. Qui è insita la frattura che si crea tra loro e le generazioni che li hanno preceduti. We want the world and we want it, now. We want the world and we want it, now. Now? Now!, cantava, nel 1967, Jim Morrison in When the Music's Over2. E il mondo diventa il palcoscenico sul quale la nuova generazione intende essere protagonista. Negli anni ‘60 la società americana si trovò di fronte a un tipo di rivolta sconosciuta: quella dei ‘giovani’, per lo più figli del baby boom del dopoguerra, appartenenti alla classe media e con ampio accesso all’istruzione secondaria che rifiutarono i modelli convenzionali proposti dalla società creata dai loro genitori nel corso degli anni precedenti. La controcultura giovanile nacque dal rifiuto degli elementi autoritari, conservatori, puritani, talvolta violenti della cultura tradizionale per dare spazio ai valori del pacifismo, dell’egualitarismo, della libertà sessuale, al soddisfacimento di bisogni autonomi rispetto a quelli indotti da una società incentrata sull’inesauribile ricerca del denaro e del successo. I suoi aderenti vedevano in una società fondata sulla natura piuttosto che sul progresso tecnologico la soluzione per un futuro non alienato. La musica, l’uso di droghe psichedeliche, la popolarità delle religioni orientali, i tentativi di vivere in comunità furono altrettanti modi per sfidare il mondo della razionalità che li circondava3.Passaggio cruciale, dunque, che trovò nella protesta giovanile – che in Italia e Francia fu anche protesta del mondo operaio – un punto focale fondamentale, e la cui storia è ancora oggi motivo di dibattiti ideologici. Se dal punto di vista ideologico e politico, nonché sociale, il dibattito è stato ampio e il più variegato possibile, dal punto di vista culturale ci sembra che la “rivoluzione” del 1968 sia stata poco analizzata. Ci si è soffermato poco sugli aspetti più squisitamente culturali, o forse sarebbe meglio dire controculturali, declinati dal punto di vista del consumo. Parlare del 1968, allora, significa anche parlare delle subculture che nacquero in quel periodo che diedero forma e sostanza a nuovi forme culturali che, all’origine, intendevano essere una critica al sistema – economico e capitalistico in primis – ma che poi finirono per essere inglobate proprio dal sistema e divenire normalità e consumo. | ||
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1. Alberto Abruzzese,
Intellettuali e '68 in Treccani – Scuola www.treccani.it, pubblicato il 7/3/2008. | 2. "Vogliamo
il mondo e lo vogliamo, adesso. Vogliamo il mondo e lo vogliamo, adesso. Adesso? Adesso!". | 3. Ilaria
Mori, Gli Stati Uniti culla della protesta in Treccani – Scuola www.treccani.it, pubblicato il 4/3/2008. | ||||