SPETTACOLARE RIVOLUZIONE di Antonio Camorrino
|
||
La finzione di democrazia è mantenuta in vita solo attraverso la costruzione di un nemico comune, il quale consente una falsa unità che ricopre la realtà della separazione gerarchica tra dirigenti ed esecutori. È questo il ruolo del terrorismo: “Questa democrazia così perfetta fabbrica da sé il suo inconciliabile nemico, il terrorismo. Vuole infatti essere giudicata in base ai suoi nemici piuttosto che in base ai suoi risultati. La storia del terrorismo è scritta dallo Stato; quindi è educativa. Naturalmente le popolazioni spettatrici non possono sapere tutto del terrorismo, ma possono sempre saperne abbastanza da essere convinte che, rispetto al terrorismo, tutto il resto dovrà sembrare loro abbastanza accettabile, e comunque più razionale e democratico”34. Questo passaggio non può non colpirci per la sua sbalorditiva coincidenza con i tempi che oggi viviamo. In questo contesto ogni critica diventa impossibile. Lo spettacolare integrato non vuole essere criticato, e, d’altronde, gli individui vengono educati sin dalla nascita per evitare che questo accada. I rischi che si corrono sono diversi: “La disarticolazione della memoria che le forme di comunicazione istantanea, urlata e parcellizzata tendono a produrre è un fenomeno nuovo che rischia di distruggere ciò che faticosamente è stato costruito dalle generazioni che ci hanno preceduto”35. Questo processo è quello che Debord chiama pensiero spettacolare, ed è ciò che indurrà gli individui a mettersi sin da subito al servizio dell’ordine costituito. Ed anche se una persona riuscisse a superare questa formazione resterebbe comunque attaccata al linguaggio dello spettacolo, giacché è l’unico che conosce, essendo l’unico che gli è stato insegnato: “Magari vorrà mostrarsi nemico della sua retorica; ma userà la sua sintassi. È uno dei punti più importanti ottenuti dal successo raggiunto dal dominio spettacolare”36. La mondializzazione dell’economia è l’apogeo di questo processo che si distingue da ciò che l’ha preceduta per un solo elemento, ma di importanza decisiva: “Il fatto nuovo è che l’economia abbia cominciato a fare apertamente guerra agli umani; non più soltanto alle possibilità della loro vita, ma anche a quelle della loro sopravvivenza”37. Si può quindi affermare che “l’economia onnipotente è diventata folle, e i tempi spettacolari non sono altro che questo”38. Il risultato è quel villaggio globale di cui parla Marshall McLuhan, ma del quale Debord dà una valutazione opposta rispetto al sociologo canadese: “I villaggi, contrariamente alle città, sono sempre stati dominati dal conformismo, dall’isolamento, dalla sorveglianza meschina, dalla noia, dalle chiacchiere ripetute all’infinito sulle stesse famiglie”39. A questo stato di cose, prodotto dalla tendenza al feticismo delle merci ed alla reificazione dell’economia autonomizzata, Debord contrappone il concetto di totalità. Se la costituzione del potere produce una separazione gerarchica della società, l’unica soluzione è quella di ricostruire realmente l’unità della stessa. Questa totalità è intesa da Debord come comunità umana. Una comunità che è possibile solo se ognuno può accedere direttamente ai fatti, e se tutti hanno i mezzi intellettuali e materiali necessari per decidere. Nella comunità la comunicazione prende la forma del dialogo e della discussione ai quali ciascuno può partecipare, condizione necessaria per prendere decisioni in comune. Questa comunicazione diretta è l’opposto di quella unilaterale dello spettacolo, nel quale una parte separatasi dalla totalità pretende di essere l’unica a poter parlare. Questa concezione consente a Debord di affermare che “… laddove c’è comunicazione non c’è lo Stato”40. |
[1] [2] [3] [4] [5] [6] (7) | ||
|
36.
Guy Debord, Commentari sulla
società dello spettacolo, cit., p. 209.
|
||||||
|
bibliografia
| ||||||
A.A.V.V., I Situazionisti, La Talpa, Torino, 1991. Giorgio Agamben, Infanzia e storia, Einaudi, Torino, 2001. Giorgio Agamben, Mezzi senza fine, Bollati Boringhieri, 1996. Günter Anders, L'uomo è antiquato. La terza rivoluzione industriale, Bollati Boringhieri, Torino, 1992. Jean Baudrillard, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, Cortina, Milano, 1996. Zygmunt Bauman, Il teatro dell’immortalità. Mortalità, immortalità e altre strategie di vita, Il Mulino, Bologna, 1995. Zygmunt Bauman, Tim May, Pensare sociologicamente, Ipermedium Libri, Napoli, 2003. Luca Bifulco, Guido Vitiello (a cura di), Sociologi della comunicazione, Ipermedium, Napoli, 2004. Pascal Bruckner, La tentazione dell’innocenza, Ipermedium Libri, Napoli, 2002. |
Joel Candau, La memoria e l’identità, Ipermedium Libri, Napoli, 2002. Luigi Caramiello, Il medium nucleare, culture, comportamenti, immaginario nell’età atomica, Edizioni Lavoro, Roma, 1987. Antonio Cavicchia Scalamonti, La lotofagia o del desiderio di dimenticare, Ipermedium, Napoli, 1997. Antonio Cavicchia Scalamonti, Gianfranco Pecchinenda, La memoria consumata, Ipermedium, Napoli, 1996. Antonio Cavicchia Scalamonti, Gianfranco Pecchinenda, Sociologia della comunicazione media e processi culturali, Ipermedium Libri, Caserta, 2001. Guy Debord, Rapport sur la construction des situations, Mille et Nuits, Parigi, Francia, 1963. Guy Debord, Commentari sulla società dello spettacolo, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2006. Guy Debord, I situazionisti e le nuove forme d’azione nella politica e nell’arte, Nautilus, Bologna, 1963. |
Guy Debord, La Società dello Spettacolo, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 2006. Guy Debord, Gianfranco Sanguinetti, I Situazionisti e la loro storia, Manifesto Libri, Roma, 2006. Internazionale Situazionista, La rivoluzione dell’arte moderna e l’arte moderna della rivoluzione, Nautilus, 1996. Norbert Elias, Coinvolgimento e distacco, Il Mulino, Bologna, 1988. Norbert Elias, Saggio sul tempo, Il Mulino, 1986. Luciano Gallino, Dizionario di Sociologia, Utet, Torino, 1978. Gilles Lipovetsky, L’impero dell’ effimero, Garzanti, Milano, 1989. David Lyon, Gesù a Disneyland. La religione nell'era postmoderna, Editori Riuniti, Roma 2002. Karl Marx, Il capitale, Newton Compton, Roma, 2006. Jean-François Martos, Rovesciare il mondo, Sugarco, Milano, 1989. |
Alberto Melucci, Il gioco dell’io. Il cambiamento di sé in una società globale, Feltrinelli, Milano, 1991. Odo Marquard, Apologia del caso, Il Mulino, Bologna, 1991. Edgar Morin, Il cinema o dell’immaginario, Silva, Parma, 1962. Mario Perniola, I Situazionisti, Castelvecchi, Roma, 1998. Ian Robertson, Sociologia, Zanichelli, Bologna, 1988. Paolo Rossi, Dizionario di Filosofia, La Nuova Italia, Firenze, 1996. Raffaele Simone, La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Laterza, Roma-Bari, 2002. Paolo Sommaria, Pillole Situazioniste, Malatempora, Roma, 2005. Ruth A. Wallace, Alison Wolf, La teoria sociologica contemporanea, Il Mulino, Bologna, 2000. |
|||
|