SPETTACOLARE RIVOLUZIONE di Antonio Camorrino
|
||
Debord descrive in questi termini l’alienazione del consumatore: “più egli contempla, meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la sua propria esistenza e il suo proprio desiderio”. Questa “imposizione” dello spettacolo che produce non solo le merci ma anche i bisogni relativi, bombardando lo spettatore con fiumi di pubblicità, impedisce all’individuo di conoscere i suoi veri desideri12. È così che, secondo Debord, la società moderna, fondata sull’ideale dell’individualismo, produce la più mortale e sterile passività che la storia abbia mai conosciuto. Ma lo spettacolo non è un’invenzione del capitalismo moderno. Esso si produce ogniqualvolta si produce una separazione gerarchica creata dall’esistenza di un potere istituzionalizzato. Così la religione può essere considerata l’antecedente dello spettacolo. Dunque si può affermare che “il più moderno è qui anche il più antico”13. Tuttavia, solo nell’epoca moderna il Potere ha accumulato i mezzi sufficienti, non solo per dominare la società, ma anche per plasmarla secondo i propri interessi, attraverso una produzione volta alla diffusione dell’isolamento. Qui ritorna il concetto di atomizzazione, ma se, in un primo tempo, la religione creava una struttura gerarchica, nel contempo non produceva quell’isolamento che è invece peculiarità dello spettacolo e dei suoi potenti mezzi d’informazione. Debord sostiene che rientra nello spettacolo anche la creazione di un antagonismo tra sistemi sociali che sono in realtà simili tra loro. È stato questo il caso della guerra fredda, definita da Debord come “divisione dei compiti spettacolari”14. Anche i Paesi comunisti erano considerati dal francese sistemi spettacolari. Essi erano basati su uno spettacolo “concentrato” che si contrapponeva allo spettacolo “diffuso” delle società basate sul consumo delle merci. Ma questa contrapposizione era in realtà fittizia: voleva convincere gli individui che esistono solo quei due modelli, che in realtà hanno più affinità che differenze, essendo entrambi basati sulla logica capitalistica e sul dominio gerarchico di una classe - la borghesia nello spettacolo diffuso, la burocrazia nello spettacolo concentrato. In questa pseudo-lotta il sistema vincente si è rivelato quello dello spettacolo diffuso, poiché questo permette la scelta tra un numero indefinito di merci, ed il dominio dell’economia sulla società equivale al dominio della merce sull’uomo: “Lo spettacolo è il momento in cui la merce è pervenuta all’occupazione totale della vita sociale”15. In una società mercificata, sostiene Debord, non può che essere la merce ad avere un ruolo centrale. Ogni merce promette il soddisfacimento dei bisogni, e quando arriva l’inevitabile delusione, dovuta al fatto che tali bisogni sono fittizi e manipolati, subentra una nuova merce pronta a mantenere la promessa disillusa dall’altra. Si crea così una concorrenza tra le merci, rispetto alla quale il consumatore alienato è un mero spettatore. Debord afferma che questo modello impregna di sé, ormai, tutta la vita sociale, divenendo il prototipo di ogni competizione, compresa quella politica. Questa si riduce alla competizione tra leader che vendono la propria immagine come una merce, e fanno promesse che non manterranno mai. Il tutto nell’assoluta passività e apatia dei cittadini. Anche in questo caso Debord anticipa temi che diverranno poi centrali all’interno della discussione politica. Parla infatti del profilarsi di un sistema politico che coincidendo con quello dello spettacolo spinge ad un folle personalismo che risulta caratterizzare a tutt’oggi la scena politica mondiale. Il soggetto rivoluzionario è come in Marx sempre il proletariato, di cui però Debord amplia la definizione, fino ad includervi tutti coloro che hanno perso il controllo sulla propria esistenza. |
||
[1] [2] (3) [4] [5] [6] [7] | ||
|
12.
Guy Debord, ibidem.p. 63. |
13.
Ibidem, p. 133.
|
14.
Ibidem, p. 78.
|
15.
Ibidem, p. 70.
|
|||
|