di Catello Parmentola
Caro Tex,
hai ucciso 2.783 nemici, di cui 1.199 bianchi, 904 indiani, 528 messicani,
63 neri, 36 cinesi, 53 tra arabi, malesi, cavernicoli, thugs, canachi,
e altri non proprio umani (e che tipetti: mummia, zombi, diablero, scrondo).
Sommando anche quelli fatti secchi dai tuoi pard
(Kit Carson, Kit Willer e Tiger Jack), i cattivi tolti di mezzo diventano 4.160.
Caro Tex sei scampato a 346 agguati e sei stato ferito 23 volte
di striscio alla testa. Hai preso a cazzotti 594 bianchi, 84 messicani,
57 indiani e altri 41 assortiti, esclusi quelli delle risse generali.
Almeno, questo risulta da statistiche aggiornate al numero 566
e compresi anche più 21 Texoni, 14 Almanacchi del West e 11 Maxi Tex
(Paglieri, 2008).
Caro Tex, Ti ammiriamo e Ti stimiamo. Molto. Come si stimano e
si ammirano i maestri, quelli che camminano un po’ sopra di
(davanti a) noi. Ma amiamo Ken, come si amano i fratelli,
quelli che ci camminano accanto. Perché ci sono gli
uomini-bagno e gli uomini-doccia. Gli uomini-birra e gli uomini-vino.
Gli uomini-sigaro e gli uomini-pipa.
E ci sono gli
uomini Tex Willer e gli uomini Ken Parker. Non avertela a male. Noi
siamo un uomo Ken Parker. Ci sono quelli tutti di un
pezzo, gli uomini-Droste pieni di sé medesimi, gli
uomini-Denim che non devono chiedere mai, “Eroi”
dalle azioni “implacabilmente” divine.
Poi
ci sono certi eroi dell’impegno quotidiano: Ken,
avventura dopo avventura, ha conosciuto il significato del razzismo,
dell’intolleranza, dello sfruttamento, ed è
arrivato a capire che, per difendersi, bisogna leggere, studiare,
imparare, scrivere, non solo per dare forma ai propri pensieri, ma
anche percepire il senso delle proprie azioni. Certi
eroi del dubbio. Noi che non sappiamo mai bene, senza chiese e senza
ideologie. Viviamo. Cerchiamo. Non sappiamo neanche bene cosa. Siamo
vulnerabili ed imperfetti. Facili all’inciampo. E facili
all’incanto. Il nostro fucile è lungo e preciso,
ma più lungo ancora da caricare (è ad avancarica)
e spara un solo colpo alla volta. Bisogna pensarci bene.
Essere molto
cauti, “… a
volte mi viene la tentazione di credermi infallibile ma per
fortuna scopro sempre di essere un idiota qualunque.”
È Ken che parla, ma potrebbe essere chi scrive, dovrebbe
essere ognuno, sarebbe un mondo migliore, meglio
“amministrato”, meno registri teologico-giudiziari
e scenari bellici, più inclusione e complessità.
Avremmo sempre voluto scrivere di Ken Parker, ma ci facevano scrivere
sempre di altro. Adesso, finalmente!, un piccolo controcanto, piccolo
spazio ma più di una metafora: uno spazio per Te, in cui
possiamo inserirci. Il contrario non poteva capitare, non avresti mai
accettato una piccola parte. Il contrario non poteva capitare, di una
grande parte Ken sarebbe arrossito. Si sarebbe vergognato, si sarebbe
schernito con una battuta, si sarebbe messo in disparte (Ken cerca
sempre il disparte, come tutti i Dottor Pasavento
[Vila-Matas, 2008] di ogni tempo e di ogni luogo), se ne sarebbe andato
a metà serata.
L’abbiamo conosciuto in
treno. Dentro quelle bustone coloratissime e cafone dove smaltivano le
rimanenze dei fumetti outsider, a vocazione minoritaria. Più
di una metafora. È sempre andata così. Hanno
provato a farlo durare in tutti i modi, tante edizioni e tanti formati.
Ma non è durato. (A Te non può capitare). Pochi
(e)lettori, mai in parlamento. E neanche all’opposizione.
Troppo introverso per ogni appartenenza, ma mai disimpegnato. Alla
ricerca di un modo. Alla ricerca di una misura. Di sé e
delle cose. Per sé e per il mondo. In treno era il numero
cinque. Chemako * Colui che non ricorda (1977). Una
bellezza che non pensavamo potesse esistere in natura. Intenso,
commovente. Preciso, complesso, poetico, raffinato. Un altro mo(n)do
è possibile. Un colpo di fulmine. Procurati i quattro
arretrati, da allora abbiamo comprato tutto quello che di Ken arrivava
in edicola, tutto il comprabile. Perché ci sono
uomini-windows ed uomini-mcintosh. Uomini-tuttoniente/sempremai ed
uomini-abbastanza/quasi. Uomini-la teologia dei soggetti e Uomini-la
laicità degli oggetti. Più dicibili, ammissibili,
frequentabili, elaborabili (gli oggetti, intendo).
Uomini-palla
di gomma e Uomini-bacchetta rigida. Apprezzi la differenza quando
cadono. Le palle rimbalzano, le bacchette si spezzano, ma questo
è un altro discorso o forse lo stesso.
Ken è sensibile e malinconico, “…c’è
sempre da imparare, ma credo di avere già un numero
sufficiente di cicatrici tra anima e corpo”.
È
lui che parla, ma potrebbe essere chi scrive, dovrebbe essere ognuno
eccetera eccetera. Il primo fumetto senza didascalie. Più di
una metafora eccetera eccetera. Che Ken non voglia mai essere
didascalico?
Viene lui da noi. Si è misurato con
tutto quello con cui noi ci misuravamo. La rivoluzione industriale e la
rivoluzione sessuale, l’omosessualità e la pena di
morte, le droghe, l’ecologia, la malattia mentale. Gli
capitava tutto quello che ci capitava e, come noi, non sapeva mai bene.
Ha avuto dei lutti. Delle donne e dei figli. Un padre e una madre.
Ricordi e rimorsi. Rimpianti e dolori, la vita, cazzo!
Perché anche nel West c’era la vita, gli affanni
delle donne, le esposizioni biologiche, “…
incontrarsi, aver sonno, appetito, far dei figli, mangiare, bere,
leggere, amare... grattarsi” (Guccini, 1976). Gli oggetti sul
tavolo li riconosciamo perché sono gli oggetti della vita di
ognuno, quelli in cui più spesso inciampiamo.
L’amore, il lavoro, la coppia, il rapporto con i figli, con
la famiglia, con la vecchiaia, con la malattia, con la morte, temi o
drammi che facilmente diventano difficili.
Sono quelle aree
argomentative, tra biologia, antropologia, cultura, che più
probabilmente possono incubare conflitti. Si tratta di quei luoghi in
cui è più complessa e delicata la sintesi tra le
ragioni dell’individuo e quelle dell’Altro, le
negoziazioni e i contratti tra noi stessi e noi stessi, tra noi e
l’Altro, le convenzioni, il Mondo e il futuro, la
focalizzazione dei Costi, delle Forze Contrattative, delle strategie
esistenziali. Ascoltare e fare i conti con gli alfabeti del
mondo, del proprio Tempo Sociale, non è mai indipendente dal
contesto e dal significato peculiare del rapporto tra individui, gruppi
organizzati, modelli culturali e contesto. Riconosciamo gli
oggetti sul tavolo e riconosciamo noi stessi, mentre li guardiamo,
perché ci risuonano le stesse difficoltà, gli
stessi inciampi, perché siamo “ossa, carne e
respiro” come tutti coloro (gli Altri) che quegli oggetti
hanno portato, consentendo censimenti, catalogazioni, riflessioni. Perché
sono tutti allo stesso modo, organismi-persone, uomini, donne, padri,
madri, cittadini, creature di (un qualche) Dio (Mark Twain a otto anni
pensava che suo padre fosse un dio, a diciotto un idiota e dovette
arrivare ad ottanta per capire che era un uomo). Sono le cose
della vita, gli oggetti su ogni tavolo, perché tutti amiamo
e (in qualche modo) tradiamo, ci ammaliamo e (in qualche modo)
guariamo, abbiamo nostalgie e desideri (una Nostalgia o un Desiderio),
cose che ricordiamo e cose che dimentichiamo.
(Parmentola,
2008).
In un numero un po’ crepuscolare, particolarmente
“sconfitto” e con bilanci esistenziali che non
quadrano, c’è ad un certo punto una tavola
bellissima.
Ken ha appena perso una donna di cui era
innamorato. Ha amato male, ha parlato male, non sapeva bene. Lei gli
molla un ceffone e lo caccia via. Poi dalla finestra (è
questa la tavola) lo vede allontanarsi in un viale malinconico con la
mano destra tra i capelli (un po’ come Margherita Buy
barcollante tra gli alberi nel finale di Fuori dal mondo,
[Piccioni, 1999]). Nella tavola successiva c’è il
primo piano sul volto di Ken e sul suo pensiero. Ed il pensiero in
primo piano è uno struggente ed indimenticabile (non
l’ho dimenticato): “… più
passano gli anni e più mi rimbambisco”. (A Te non
può capitare). Ci è risuonato profondamente.
Abbiamo capito precisamente cosa intendesse. Mi è capitato
più di una volta nella vita. Il tempo che passa. Si
invecchia. Si sbaglia a parlare. I guai non vengono mai da soli. Piove
sul bagnato. Accade così spesso che abbiamo precostituito
modi di dire. Dei modi per dirlo. Insomma, la vita, cazzo! Ci capita la
vita! Ci capita pure la vita, qualche volta!, non solo
l’Epopea. Le esperienze. E la crescita personale. Ogni
avventura lo segna e lo cambia. Ci segna e ci cambia.
E poi,
caro Tex, ma come mangi?! Una bistecca alta due metri e una montagna di
patatine fritte (fritte?). E birra a fiumi. A questo
proposito, nel numero 15, Uomini bestie ed eroi (1978),
Ken Ti ha ospitato, e quasi vi siete incontrati. È
stata una cosa spicciola, non puoi ricordare. Berardi
(l’autore dei testi) è al bancone del saloon con
Ken e gli indica tutti gli altri avventori perché Ken deve
scegliere degli uomini che gli diano una mano con una mandria. Gli
avventori sono tutti Grandi Personaggi del West, Eroi dei Fumetti. Tu
sei con i tuoi pards e l’oste vi nega le vostre Famose
Bistecche.
- Spiacente hombres, c’è rimasto solo del tacchino arrosto, stufato di rognone e…
- I miei pards vi hanno chiesto delle bistecche…
- E io ho detto che non ce ne sono più…
- Storie!, questa è la città della carne e poco fa ne avete portate due a quei tizi…
- Beh, si vede che loro mi sono simpatici e voi no: qualcosa da ridire, mister?
- Una parola soltanto amigo: imbecille!
- Maledetto rompiscatole! (L’oste tenta di colpire Tex che Schiva alla Grande)
- Troppo lento giuggiolone! (Tex Colpisce l’oste – con un Cazzotto – alla Grande)
Ken ovviamente si chiede e chiede
- Ma non c’è qualcuno che intervenga? Berardi risponde - Ci mancherebbe altro: volete perdervi il meglio?
Tex si rivolge all’oste alla Grande - Soddisfatto mister testa di vitello?
L’oste risponde - Lo sarò solo quando ti avrò cacciato la dentiera nello stomaco a pedate!
Tex ovviamente alla Grande - Muy bien, vedrò allora di ficcare un po’ di buon senso in quell’immondezzaio che hai al posto del cervello!
- Dannato verme! (L’oste si avventa con la testa verso lo stomaco di Tex).
- Idiota! (Tex lo colpisce alla Grande con una ginocchiata sul mento).
È tutta una epifania di Whap!
Crash! Smack! Slam!, un’epifania di Punti Esclamativi.
In
queste poche tavole di Tex ce ne sono di più che nei primi
50 numeri di Ken Parker.
“Berardi - Fine del discorso.
Ken - Sembra quasi che vi spiaccia.
L’oste - Con cosa mi ha colpito, con una mazza ferrata?
Tex (alla Grande!, indicando le proprie mani) - Con queste, fratello!
L’oste, tendendo la mano a Tex, - Che mi venga!, ci ha messo un po’ ad entrare, ma alla fine la vostra idea si è installata nel mio cranio, senza rancore…
Tex, stringendo la mano all’oste, - Diavolo, e con gran piacere, amigo…
- Quanto alle bistecche potete contarci fin d’ora…
- Naturalmente con una montagna di patatine!
Berardi, beffardo - Visto che roba!?, e non crediate che siano solo gente di azione. Ora sono capaci di sedersi lì e parlare per trentasei ore…
Ken - Sai che divertimento…
Berardi - Prego…?
Ken - Niente, dicevo che al posto loro probabilmente io avrei finito per saltare il pasto… Comunque, pensate che siano liberi?
Berardi - Neanche per sogno!: sono tra i più richiesti sulla piazza ed hanno almeno UN MILIONE di cose da sbrigare ogni mese!Ken, sorridendo “sotto i baffi” - Ci avrei giurato…
Appunto. Ci sono uomini che per una bistecca sfasciano tutto
(è una Questione di Principio!) e uomini che al
loro posto probabilmente avrebbero finito per saltare il
pasto…
Noi, uomini-Ken Parker
perché come lui avremmo saltato il pasto.
Abbiamo
metabolismi anziani. Andiamo in bagno spesso. Abbiamo dei corpi. Umani.
Troppo, forse, ma tant’è. Il
nostro narcisismo primario abbiamo cercato di emanciparlo in un
più compatibile realismo del possibile. Possiamo anche
permetterci di perdere qualche volta. Sopravviviamo. Tra
l’Abbastanza e il Quasi.
Abbiamo cercato di
elaborare la nostra angoscia di morte in un più compatibile
senso del morire. Possiamo anche permetterci di invecchiare qualche
volta. E ammalarci magari. Tra l’Abbastanza e il Quasi.
Possiamo
frequentare le nostre paure. Ci fermiamo perfino qualche volta a
ricercare qualche senso. Di qualche cosa. Proviamo
ad andare oltre i corpo a corpo con la materia o i lunghi round con la
parola.
“E
fingiamo di aver capito / che vivere è incontrarsi / aver
sonno, appetito / far dei figli, mangiare / bere, leggere, amare / ...
grattarsi!”
(Guccini, Ibidem).