UN APOLIDE DELLA CONSAPEVOLEZZA di Adolfo fattori |
Nel 1973, in
piena rivoluzione dei costumi e del dispiegamento delle energie
raccoltesi alla fine degli anni Sessanta, James Ballard dà
alle stampe Crash, dopo La mostra delle
atrocità l’altro romanzo cardine della
sua opera, snodo cruciale per la sua narrativa nel passaggio dagli
scenari catastrofici “naturali” a quelli
apocalittici metropolitani, e al sempre maggiore rilievo dato alle
derive delle identità, lavoro definito da lui stesso come
“… il primo romanzo pornografico basato sulla
tecnologia.” (1990, pag. XII). Sono gli anni di cui
scriveranno con ampiezza i filosofi apocalittici della fine del
Novecento, come Jean Baudrillard (1991) e Pascal Bruckner (2001),
mettendo anche loro l’accento sul trionfo di una ideologia
della trasgressione e dell’eccesso – la vera onda
lunga del Sessantotto (Quaderni d’Altri Tempi n.
14) – promossa e praticata dai professionisti delle
classi agiate, “liberatoria” nei termini del
consumo – di affetti, emozioni, oggetti – ma in
fondo artificiosa, affannosamente tributaria della coazione a esplorare
nuove convenzioni sociali, proiezione del tentativo di sedare il senso
della “fatica di essere se stessi” (Ehrenberg,
1999) degli uomini e delle donne di fine millennio. Così, in
una delle prime sequenze narrative, il protagonista racconta del suo
ritorno sul luogo dell’incidente in cui era stato coinvolto,
e che lo introdurrà nel vivo delle vicende: “Il
primo breve viaggio al luogo dell’incidente mi aveva
resuscitato lo spettro del morto, e cosa più importante,
il concetto della mia morte” (1973, pag. 61, c.vo
nostro). | ||
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