Poco
più di vent’anni prima lo scrittore si era
già dedicato a Reagan, a quei tempi governatore della
California, persecutore di studenti in lotta contro al guerra in
Vietnam, e in corsa per una allora improbabile candidatura alla
presidenza USA (aveva contro uno che ne sapeva molto più di
lui, “Tricky Dicky” Nixon), con il racconto Perché
voglio fottermi Ronald Reagan, in un anticipo cortocircuitale
del futuro che ci attendeva. Basterà un passo per chiarire: “La
personalità di Reagan. È ragionevole prevedere
che la profonda analità del candidato alla presidenza
dominerà gli Stati Uniti nei prossimi anni (…) In
alcuni, ulteriori studi è stato assegnato a degli
psicopatici a tendenza sadica il compito di sviluppare fantasie
sessuali che coinvolgessero Reagan (…) In una serie di test
eseguiti utilizzando kit di montaggio, il volto di Reagan è
stato percepito da tutti come un pene in erezione. I pazienti sono
stati incoraggiati a studiare la morte sessuale ottimale di Ronald
Reagan” (Ballard, 2004, pagg. 519 – 520). Qui James
Ballard mostra anche un altro dei tratti della sua estetica: la
costruzione di “racconti-saggi”, la
capacità di mescolare i registri linguistici e gli stili, di
rafforzare gli elementi di straniamento sradicando il racconto dalla
sua struttura tradizionale – e ottenendo il risultato
ulteriore di sconcertare i tipici lettori di fantascienza –
scrivendo science fiction per così dire “al
quadrato”, e praticando di fatto una modalità che
solo in seguito sarebbe stata definita
“postmoderna”. Naturalmente già
questo racconto è il frutto di una evoluzione della sua
scrittura, o meglio della sua curvatura più
“sperimentale” e acrobatica, rispetto alla sua
produzione più “accettabile”
nell’ambito di una concezione della fantascienza
più “canonica”.
Ripercorriamo brevemente le tappe della sua produzione. Ballard
inaugura la sua produzione nel 1956 con un racconto, Prima
Belladonna (Ballard 2003, pag. 11), pubblicato su
“Science Fantasy”, per poi replicare quasi
immediatamente su “New Worlds” con Girotondo
(Escapement, Ibidem, pag. 27), mettendo
subito un’ipoteca sul suo percorso successivo. Il primo
racconto inaugura infatti quello che diventerà il ciclo di
“Vermilion Sands”, una raccolta di racconti
ambientati in un luogo alla fine del tempo, decadente e crepuscolare,
metà località di vacanze decaduta,
metà rifugio per eccentrici e sbandati agiati, per lo
scrittore un laboratorio dove sperimentare gli esiti delle nevrosi e
della depressione dei suoi personaggi, cui tornerà
periodicamente e irregolarmente. Il secondo, invece, apre alla
collaborazione con la rivista che poi ospiterà nel 1962 Which
Way to Inner Space (Come si arriva allo spazio
interiore?), il manifesto fondativo di quella New Wave della
science fiction che diventerà la prima dichiarata
rivoluzione copernicana del genere: dall’esplorazione degli
spazi siderali immaginari a quella degli spazi interiori, altrettanto
profondi e sconosciuti, e che segnerà i primi sussulti
“eversivi” di un ambiente paludato e conservatore.
Evidentemente, lo Zeit Geist degli anni Sessanta
si manifestava anche nella fantascienza, e forse non casualmente in
Gran Bretagna, dove la tradizione ucronica/anti-utopica era in
letteratura ben radicata. In parallelo, negli USA, c’era solo
Philip Dick – che dovrà aspettare peraltro
parecchio, perché il suo valore sia riconosciuto… Nello
stesso anno Ballard inaugura con il suo primo romanzo, Il
vento dal nulla (1986), il “ciclo degli
elementi”. A questo seguirà l’anno dopo Deserto
d’acqua (1986), e di seguito Terra
bruciata (1986) e Foresta di cristallo (1986).
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