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Un numero speciale, una donna fuori dal comune
e una dozzina di cartoline

 
di
Gennaro Fucile

pamela Gran parte dell’assortimento culturale che oggi pervade il quotidiano in Occidente ha le sue radici in quei tre giorni che, non senza traumi, iniziarono a rendere istituzionale la rivoluzione culturale che si era fatta largo nel corso di tutto il decennio e di cui l’industria dell’intrattenimento prima e l’intero universo dei consumi poi si sarebbe progressivamente appropriato. 
Non tutto avvenne immediatamente, all’epoca, l’immaginazione era ancora ambiziosa, volava altissima, disinvolta, le contraddizioni erano ovunque e davvero era grande il disordine sotto il cielo. Una strepitosa prova di ciò risale proprio al 1969, anno in cui una certa Lucia Pamela, nata a St Louis, nel Missouri, il 1° maggio del 1904, registrò il primo e unico disco della sua lunghissima vita (ci ha lasciato a 98 anni, nel 2002). L’ellepì si intitola Into Outer Space With Lucia Pamela. La musica è quanto di più strampalato si possa immaginare, qualcosa come filastrocche interpretate con un piglio punk ante litteram a ritmo di ragtime e con condimento di strane sonorità, come quelle che amava sperimentare Sun Ra, musicista proveniente da Saturno, a sentir lui. Fin qui siamo nell’orbita di un’ordinaria follia, Lucia Pamela fa parte di diritto di quella ristretta congrega di artisti autori di incredibly strange music, per usare un’indovinata definizione della rivista RE/Search. Allora perché ricordare Lucia Pamela? Ebbene, perché lei, che all’epoca aveva già sessantacinque anni, sostenne e mai smentì di aver registrato il disco sulla Luna. Non solo, ebbe anche modo di lamentarsi dell’acustica lunare, che faceva suonare “ogni cosa in modo differente da qui”, come lei stessa annotò. Diamine, una signora, che sembrava prelevata da chissà quale casa di bambole, che arrivò al termine della sua vita ad avere una quarantina tra nipoti e pronipoti, come fece a spararla così grossa? Era un po’ lunatica… forse, oppure il tutto fu frutto di una necessità sotterranea della Storia: quella di esigere metafore esagerate in occasione delle grandi svolte. In questo caso, chi meglio di una nonna poteva esprimere il tramonto di un’epoca, realizzando l’ultimo sbarco immaginario sulla Luna degno di essere ricordato? Comunque sia, ormai è un’avventura dimenticata, Lucia Pamela, oggi, sembra uno di quegli astronauti morti, orbitanti intorno alla Terra, che abitano nei racconti di James Ballard, un esperto in morte del futuro. Figure spettrali che ognuno di noi può scorgere, in queste sere d’estate, senza bisogno di avere un grande cielo stellato. Basta uno specchio e imitare il gioco degli specchi del telescopio, in modo da far emergere dal nostro spazio interiore queste immagini, magari cogliendo per un attimo anche la bizzarra Lucia Pamela, o un luogo caro al nostro immaginario, come è avvenuto per ognuno degli autori di questo numero.

pamela
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