Un numero speciale, una donna fuori dal comune e una dozzina di cartoline


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  [ORTA SAN GIULIO]
di
Marco Bertoli


E il lettore pigro e contemplativo, invece, ovvero l’indigente o il paralitico o il galeotto, colui che decida (o gli sia d’uopo) di farsi andar bene quel ha e che che si trova intorno, come se la caverà? Che cosa avrà da dare, lui così sguarnito, all’opera? Quanta aria da insufflare nel palloncino?
E insomma, se un’opera prende, di vita, a seconda di quanto chi la legge sa e ha visto, si può ben dire che i luoghi fisici dove la lettura avviene aiutino direttamente a definirla, l’opera, a darle materia e sostanza nella mente che la riceve e la ricrea; al tempo stesso l’opera, se proprio non definirà quei luoghi (che era, credo, il tuo assunto; o non era piuttosto l’altro?), di sicuro li colorirà indelebilmente. Non è quindi un soggetto interessante vedere come uno stesso luogo possa diversamente alimentare opere diverse? Come questo già vertice di uno scompaginato e sconfessato triangolo si scinda e si moltiplichi a generare un poligono irregolarissimo e dunque più umano, più amichevole, meno spigoloso?

Vertice primo, il Luogo – Il Lago d’Orta (http://snipurl.com/kg5bc), cioè i rilievi e l’abitato circostanti, a lungo nell’anodina provincia di Novara e or non è da molto in quella artificiosa di Verbania (glossa storico-turistica: il Lago d’Orta, Cusio, il panoramicissimo monte Mottarone lo separa dal Lago Maggiore, Verbano; all’intendente il Lago d’Orta suggerisce Riccardo Wagner, Federico Nietzsche e l’amica sua Lou Salomé; laddove, il Maggiore, Piero Chiara*). 
Vertice secondo, l’Autore – Sempre col libro in mano, saltabecca per anni di punta in punta di quella costiera (brevissima, ché piccolo è il Cusio) e di cima in cima dei monti che le fanno immediata corona e anche di quelli più in fondo, a Nord, come le catene pizzutissime delle valli Grande e Vigezzo. A dirne di più, sembrerebbe di voler circonvenire l’interdetto sul pronome.
Il plurivertice o vertice mobile – In solo poche delle sue tantissime epifanie, rigorosamente acroniche:

- Thomas Mann, La montagna incantata (1924). Assorbito, molto a proposito, per intero sui cocuzzoli e di preferenza su quello poco frequentato del colle Saccarello, a cui si ascende dal borgo di Quarna Sopra, che dispone del più ameno – stupefacente, di fatto – belvedere sul lago, a circa mille metri, v. infra. Meno a proposito il clima soffocoso di quel mese di luglio 1982 (campioni del mondo!). Allergie e febbri da fieno fecero modesto parallelo alle più tragiche e simboliche affezioni polmonari degli inquilini del sanatorio di Davos. Un vallone oscuro, o forra, restò per sempre correlativo oggettivo dell’intero romanzo, proprio come un anziano e scontroso ex-alpino, pure frequentatore abituale del colle quell’estate, prestò fattezze caprine e un piede torto in dentro a Leo Naphta, lo sventurato ex-gesuita di Mann.

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* È anche vero che la Salomé e tutto l'episodio con Nietzsche e quell’altro, al fondo del fondo, sono un po’ roba alla Piero Chiara.


 
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