CIBLOB di Gennaro Fucile Il brano è di Riz Ortolani e s’intitola More. È il celeberrimo tema della colonna sonora di Mondo Cane (1962). Gli interpreti si chiamano Balanço, che non sono musicisti brasiliani ma baresi appassionati di jazz/samba. La loro deliziosa cover fa da sottofondo agli sketch della serie Il sommelier di Antonio Albanese (feroce come sempre, e sia lodato), che in grembiule nero e tavestin, danza leggiadro intorno a un calice di vino, lo annusa, lo fa roteare, lo osserva, lo studia teatralmente. È un esperto, è chiaro, lo si capisce dal tono che usa per sentenziare stupidaggini tipo: “È rosso”, “È vino”, o anche “È finito”, una volta terminata la degustazione. È così che, in poco più di un minuto, collassano insieme due grandi fenomeni culturali che da circa un quarto di secolo, almeno in Italia, hanno prepotentemente occupato la scena: la cultura enogastronomica e la sua divulgazione mediatica di massa, grazie soprattutto a quello che, con maggiore precisione, in inglese si chiama talk food. Per non escludere nessuno, Albanese aveva messo in repertorio anche uno chef, Alain Tonnè, personaggio altrettanto teatrale e vacuo, degno come l’altro di essere preso di mira dalla satira, almeno da quando il cibo parlato, raccontato, spiegato, divulgato, comunicato ha occupato la scena forse più del cibo stesso, quasi che questo per dirla con Jean Baudrillard non fosse che un alibi di realtà per un universo parallelo, più reale del (cibo) reale. Un universo in espansione grazie al boom dell’editoria gastronomica, non più relegata ai semplici manuali di cucina – che pure proliferano in modo ormai pressoché incontrollato –, ma attiva su fronti disparati dal recupero di ricettari del Settecento a trattati di enologia del secolo precedente, da studi di antropologia a storie dei costumi alimentari. Il fenomeno però è ancora più ampio. Si pensi al diffondersi di trasmissioni televisive e radiofoniche, all’affiorare ovunque di pagine dedicate alle ricette e alla storia del cibo, dalla free press ai supplementi dei quotidiani alle rubriche dei periodici, ai magazine realizzati dalle catene distributive e reperibili alle casse o all’ingresso degli store, alle informazioni sempre più estese e dettagliate riportate sui packaging dei prodotti, ai musei dedicati al cibo, all’alimentazione e all’archeologia industriale relativamente ad aziende del settore alimentare. Ancora, all’elenco degli ingredienti non può mancare il turismo legato al cibo, ai sapori di una terra piuttosto che di un’altra, uno stile di vita ormai, fatto di percorsi consigliati alla scoperta dei giacimenti enogastronomici come li ha definiti Davide Paolini, il gastronauta, secondo il neologismo da lui stesso inventato. |
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