TRAIETTORIE PORNOGRAFICHE ATTRAVERSO IL CONFINE VIRTUALE/REALE di Gaia (Maqi) Giuliani |
Tale riappropriazione ha fatto
sì che,
nonostante le resistenze ancora esistenti da parte di una
mentalità
abolizionista e censoria nei confronti del codice pornografico diffusa
sia negli ambienti accademici sia nei movimenti femministi sia
nell’opinione pubblica in generale, che la critica al codice
pornografico fosse prima di tutto una decostruzione dello stesso codice
nel tentativo di riutilizzare quel medium – ossia la
possibilità
dell’auto-rappresentazione erotica – con una
particolare attenzione ai
messaggi – di tipo normativo-sessuale – che esso
veicola. In tale
direzione si è sviluppata sia la ricerca in seno a circuiti
accademici
e artistici come quelli che hanno dato vita a progetti come The Art of
Politics of NetPorn (Amsterdam), Post-Porn Politics (Berlino),
Tekfestival (Roma) o Cum2Cut (Berlino) sia la sperimentazione interna a
progetti queer come Phag-off (Roma),
Girlswholikeporno
(Barcellona), Carni Scelte (Bologna), La Jugueteria (Madrid), Panik
Qulture (Parigi), Porn Flakes (Milano3) o condotta da performer come
Harlot Scarlot (USA) o filmmaker come Todd Verow (USA) e Arthur Cottam
(USA) o da ricercatrici come Beatriz Preciado (Parigi), Maxime Cervulle
(Parigi) o Liad Kantorowicz e Maya Ne’emani (Tel Aviv4).
È di Annie
Sprinkle la definizione di questa pornografia come post-porno: una
definizione che è stata posta al centro dei suddetti
esperimenti di
riconcettualizzazione del porno, ossia dell’analisi e della
riappropriazione del codice pornografico al fine di
un’interpretazione
della realtà sia sociale sia personale: si pensi, nel primo
caso, a
lungometraggi diversissimi come Too hot in Tel Aviv dell’israeliano
Roy Raz (2006) o a Ave.X dell’americano
Joe Gallant e, nel secondo caso, a Pornography the musical di
Brian Hill, 2003, in cui viene narrata, e cantata, la storia di una
pornodiva inglese attiva negli anni ottanta, o a Five sex
rooms und eine Küche
in cui la regista, Eva C. Heldmann alias Lady Tara racconta, in una
sorta di documentario interamente girato all’interno della
casa di
appuntamento di cui è direttrice, la vita professionale e
privata delle
sexworkers. Oggi tale critica è ancora fortemente presente in quello che potrebbe essere definito il mainstream femminista – quello delle grandi organizzazioni internazionali che si diedero appuntamento a Pechino nel 1995 e che fanno riferimento e raccolgono sia gruppi ed istituzioni nazionali e europee sia le organizzazioni non governative che si danno appuntamento ai Forum Sociali Europei dal 2000 ad oggi. All’interno di tale cornice, la posizione abolizionista in materia di sexwork (ossia di tutto il lavoro sessuale commerciale, della cosiddetta industria del sesso) viene associata generalmente ad una posizione censoria nei confronti della pornografia, vista ancora nei termini espressi da MacKinnon e Dworkin, come espressione del dominio fisico e simbolico patriarcale sulle donne 7. Questa posizione è generalmente caratterizzata dall’assenza di un’indagine più approfondita degli immaginari proposti dalla pornografia non mainstream e dal rifiuto più o meno velato nei confronti della rappresentazione della sessualità differente (da quella sadomasochista a quella genericamente considerata violenta o machista). Tale posizione, che ha come corollario il rifiuto di riconoscere il linguaggio pornografico come possibile strumento di visibilità, oltre che di ripensamento, delle identità gay, lesbica, transessuale e transgender, innerva il linguaggio politico-istituzionale legato al gender mainstreaming e, rafforzata da questo, l’opinione pubblica attorno al tema. A tale posizione si sono opposte nel tempo le voci di pornografe e pornostar con analisi che, ben lungi dal limitarsi alla perorazione della causa pornografica, hanno espresso, come nel caso di Ovidie, forti critiche all’approccio alla sessualità dimostrate da quella particolare tradizione politica femminile e femminista. |
||
[1] [2] [3] (4) [5] [6] | ||
|
||||||
4. Faccio
riferimento all’intervento di Maxime Cervulle Postcolonial
pornography: “beurs” boys in the hood and on camera
presentato al PornFilmFestivalBerlin (2006) e di Liad Kantorowicz e
Maya Ne'emani Representations of Social and Political Taboos
in Pornography: The Middle East as a Case Study presentato
alla seconda edizione del PornFilmFestivalBerlin (2007).
5. Per una breve analisi del caso Gola profonda si veda Piero Calò, Giuseppe Grosso Ciponte, Gola Profonda. La pornografia prima e dopo Linda Lovelace, Lindau, Torino 2002; Pietro Adamo, Robert J. Stoller, Inside Gola profonda, Feltrinelli, Milano 2005. |
6. In
riferimento al dibattito filosofico-politico su pornografia e sexwork
si veda la raccolta di saggi a cura di Jessica Spector, Prostitution
and Pornography. Philosophical Debate about the Sex Industry,
Stanford University Press, Stanford (California) 2006.
|
7. Un esempio di rielaborazione recente delle posizioni anti-pornografia
è rappresentato dall’opera della giovane Ariel
Levy, 2005, Sporche femmine scioviniste,
Castelvecchi, Roma 2006.
|
||||