SE UNA NOTTE DELL’INVERNO 1968 UN VIAGGIATORE
di Gennaro Fucile |
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Oggi il consumatore non si lega più ad alcuna grande narrazione. Semmai sceglie tra migliaia di piccole narrazioni, ciascuna rintracciata direttamente dentro i propri acquisti e all’interno del mondo possibile delle marche e dei prodotti di cui si circonda……Il consumo non ha omologato, ma semmai spezzettato, frantumato, diviso i comportamenti fin a far sì che ognuno (come in effetti si prefigge il marketing one to one) abbia le proprie modalità di consumo e i propri oggetti assolutamente customizzati, tagliati su misura per lui e soltanto per lui9.Insomma, le analisi relative alle società di massa sono state un “colossale abbaglio” come sostiene il sociologeta dei consumi, Giampaolo Fabris. Invece della massa informe e al tempo stesso omogenea («la folla solitaria» per riprendere il titolo di un libro di Riesman, la società di «uomini a una dimensione» della teoria critica di Marcuse) abbiamo una società sempre più segmentata e caratterizzata da spaccature (cleavages, per riprendere un termine caro ai politologi) che determinano una pluralità di gruppi e gruppuscoli caratterizzati da aspirazioni, desideri, valori e, in ultima analisi, identità profondamente diverse tra di loro10.Ma come è il consumatore postmoderno? Ecco alcune delle caratteristiche che possiede sempre secondo Giampaolo Fabris: fluidità, ambiguità, camaleontismo, pragmatismo, flessibilità, localismo, globalizzazione, fusività, multidimensionalità, olismo, pluridentità, complessità, turbolenza, eclettismo, sincretismo, apertura, desiderio, compossibilità, apparenza, indeterminatezza, paradosso, incertezza, mutevolezza. WOW! Neanche il più strafatto freak in qualche mega raduno tipo i citati Woodstock o Isle of Wight poteva ambire ad una liberazione così selvaggia! Il guaio è che sembrano iperboli, ma ognuno si interroghi e ritroverà propri frammenti in ognuna di queste voci. Intanto, lui, lo stupefatto viaggiatore guarda un po’ di tivù, sperando in una clamorosa smentita, ma il suo sense of wonder è solleticato solo dalla meraviglia tecnologica costituita dal pacchetto telecomando + n canali. Non si impressiona più di tanto, ovvio, ha appena viaggiato nel tempo. Quanto ai programmi, lo sconvolgono ancora meno, non sono diversi da quelli, fondanti, andati in onda nel 1968, anno che si era aperto con autentica televisione (post)moderna. Fu merito dei Vietcong e dell’offensiva del Tet. Guerra mediatica ante litteram. Non solo, grosso modo in contemporanea arrivarono dall’Asia altri reportage e i media si diedero da fare: viaggio, amore, meditazione, pace e ritiro spirituale di benestanti occidentali: i Beatles in India (che ormai qui sono un leit-motiv). Allora, ormai stufo, come un qualsiasi nostro contemporaneo il temponauta girovaga, senza meta, guardandosi in giro. Un mondo colorato lo accoglie, a partire dalle vetrine dei negozi che ora, grazie alla lotta contro il vecchio e il grigio, si sono metamorfosizzate in visual merchandising e dai corpi stessi che sono a loro volta, ormai, delle vetrine. L’omogeneità del vestire borghese del tempo che fu si perde in un oceano di stili, mode e mezze mode, guazzabugli di epoche precedenti e successive al ‘68, nessuno scalpore, icone a spasso, magliette con il volto del Comandante Che Guevara, difficile capire quale messaggio si celi in questo universo di segni che se ne vanno a zonzo, e, infatti, non c’è nessun messaggio. È un altro successo della contestazione sessantottesca. Un tempo (al suo tempo, quello del viaggiatore) uno store come quello di Elio Fiorucci aperto nel 1967 a Milano era un trip di stoffe, abitini, gadgets, complementi d’arredo inutili e accessori d’abbigliamento altrettanto futili. Lui fu un pioniere, sempre con un gran fiuto, allora valeva stupire e infatti oggi il negozio non c’è più, avendo perso di senso la sua mission provocatoria. |
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9.
Mauro Ferraresi,
La società del consumo, Carocci, Roma, 2005. |
10.
Giampaolo Fabris,
Il nuovo consumatore verso il postmoderno, Franco Angeli, Milano, 2003. |
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