SE UNA NOTTE DELL’INVERNO 1968 UN VIAGGIATORE
di Gennaro Fucile |
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Fuck Yours Dreams, This Is Heaven Politicamente il 1968 è stato un flop totale, l’assalto al cielo è fallito miseramente. Nessun potere sovvertito in Occidente, rispetto ad allora di significativo annota la sola penisola iberica liberata da due dittature ormai archeologiche. Forze più o meno conservatrici o riformiste gestiscono il potere con elegante o sgraziato turn over, secondo lo stile dei contendenti in lizza. Pochi appunti, come si vede, poi insiste nella ricerca delle cause e individua un vizio d’origine: questa débâcle maturò dall’interno. Il Movimento in tutta Europa e prima ancora il Movement made in Usa con tutta la cultura underground che lo sorreggeva, si fondava su un’errata equazione, un abbaglio visto con lucidità quasi in tempo reale da Mario Maffi: Giovani=classe=rivoluzione. … La concezione dello scontro come scontro generazionale è stata e continua a essere una gravissima debolezza: priva l’underground di una vera efficace base di classe e l’obbliga a una strategia fatta in realtà di tattiche provvisorie e momentanee…1Il Movement, insomma, era destinato a fallire in partenza, o meglio, lo era ciò che nel fronte d’opposizione, di contestazione, si poneva in modo realmente antagonista al sistema. Componenti minoritarie. Di debolezze e contraddizioni ce ne erano altre, secondo Maffi: L’ambiguità di fondo che riduce l’underground a un fermento ‘anarcoide’ solo relativamente pericoloso per il sistema che si limita a svuotare o a colpire qua e là con violenza, senza però schiacciarlo come cercherebbe di fare con un movimento davvero rivoluzionario, si può riassumere in pratica in quattro punti2.Del primo, l’equazione giovani=classe=rivoluzione, si è detto, ed ecco gli altri tre punti: Rivoluzione culturale-rivoluzione attraverso la cultura. L’assunto dell’underground, in speciale modo verso la metà degli anni sessanta, è stato quello di provocare un mutamento a livello sovrastrutturale… Cultura/società alternativa. Dato il ribaltamento della prospettiva rivoluzionaria, era inevitabile l’approdo a una concezione che vede la rivoluzione come creazione di strutture sociali e culturali alternative ma coesistenti a quelle del sistema… Il mistico pragmatico. Dove Blake si allea a Che Guevara. Lo zen si fonde con Fanon3. A ben vedere, le affinità tra Usa e Europa si sono dimostrate notevolmente superiori alle differenze. Sarà stato perché gli americani ci hanno colonizzato il cervello, come disse Wim Wenders, ma le cose stanno così. Un qualsiasi focus, su un qualsiasi aspetto del quotidiano condotto per conto di qualche istituto di ricerca, sia mirato sul consumo di analcolici, sia sui generi di fiction preferiti, è in grado di corroborare la constatazione del regista tedesco. Anzi, senza il caso italiano che si trascina/prolunga fino alla fine dei Settanta, tutto appare molto omogeneo nel resto d’Occidente già nel lasso di tempo che va dal festival di Woodstock a quello di Wight. In realtà, i movimenti europei differirono da quello Usa per la presenza di un fronte operaio ancora non ridimensionato come quello statunitense e quindi con una tradizione di lotta e di forme mutuate anche dai partiti comunisti, da cui come da ogni sana tradizione comunque si doveva partire, fosse anche solo per negarla nella più generale rivolta anti-edipica. Questo portò alcune frange ad essere autentici movimenti politici, ma minoritari nell’ampio fronte della contestazione studentesca e dunque giovanile, quella vincente, di cui l’attento temponauta ha ormai preso atto. Negli Usa, parimenti, le frazioni più seriamente anti-sistema erano Black, come il pugno chiuso di Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico ben riassunsero. |
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[1] (2) [3] [4] [5] [6] | ||
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1.
Mario Maffi,
La cultura underground. I. Dai Beats agli yippies, Laterza, Bari, 1980. |
2.
Ibidem
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3.
Ibidem
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