UN’INCHIESTA SULLA SPARIZIONE DELL’INCHIESTA di Carmine Treanni
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Il problema vero è che la maggior parte dei giornalisti lavora prevalentemente su informazioni di seconda mano, e quasi nessuno prova ad approfondire l’informazione ricevuta. Da questo processo è derivata la morte dell’inchiesta che ha avuto ripercussioni anche sulla società civile.
In realtà, come
già osservato da alcuni critici televisivi,
l’inchiesta ha cambiato casa, si è trasferita
dalle pagine dei giornali ai varietà.
In America, ad esempio, è il regista Michael Moore a parlarci di un’America dalle mille sfaccettature e vera - rispetto all’immagine di paese forte e altamente democratico proposta dell’establishment governativo -, attraverso le sue inchieste corsare che hanno preso la forma di documentari apprezzati soprattutto all’estero. In Italia, invece, sono forse Striscia la notizia e Le Iene a fare inchieste giornalistiche. Sono gli autori e i conduttori di queste trasmissioni a fornire un tipo di informazione che va oltre le fonti, per investigare seriamente e andare al di là della notizia in sé. Ma cosa s’intende per giornalismo d’inchiesta?
Il 7 novembre del 1988
c’è l’esordio su Italia 1 di Striscia
la Notizia, un velocissimo telegiornale satirico con un
programma ambizioso: “Tentiamo l’impossibile: battere la
comicità di Bruno Vespa”. Conducono in studio
Gianfranco D’Angelo ed Ezio Greggio. La regia è di Beppe
Recchia. Nel dicembre dell’89 il programma passa da Italia 1
a Canale 5. Il programma diventa un vero cult, raggiungendo ben presto
una media di telespettatori intorno ai 9 milioni. Gli sponsor fanno a
pugni per poter promuovere i loro prodotti all’interno di
Striscia. Antonio Ricci è l’ideatore dello show.
Ricci si è fatto le ossa, televisivamente parlando, con
programmi come Te la do io l’America, Te
lo do io il Brasile, con Beppe Grillo, e Drive in.
Giorno per giorno, si seguono e commentano i fatti salienti del Paese, dalla politica all’informazione: scoop, papere, errori, clamorosi falsi di un universo mediatico in perenne fermento. Il tutto cucinato tra una gag e l’altra dei due conduttori e i languidi siparietti delle veline, ragazze che ballano tra un servizio e l’altro. Striscia però non è soltanto un quotidiano satirico e dissacrante, spesso, infatti, si trasforma in un sagace osservatore del costume, in uno smascheratore impietoso grazie alle missioni dei suoi “inviati”, primo tra tutti l’irriverente Gabibbo, il pupazzo diventato idolo dei più piccoli ma anche fustigatore dell’Italia pre e post Duemila. |
Resta inteso che Striscia la notizia non vuole essere né un telegiornale né un deposito di saggezza e verità perché - come sostiene Antonio Ricci – “la televisione è finzione” e nella categoria rientra senz’altro anche la sua trasmissione. Non c’è dubbio, però, che Striscia si è fatta carico, attraverso la maschera della satira, di fare del giornalismo d’inchiesta. Lo dimostrano i tanti casi denunciati, dalla recente tele-truffa che ha visto coinvolta Vanna Marchi ai tassisti che fanno pagare salatamente le corse a sprovveduti stranieri in visita nel nostro Paese, fino ai maltrattamenti subiti da cani da parte di fantomatici gestori di canili. Tra i servizi più clamorosi, lo scoop del Gabibbo che mandò in onda le immagini dei moduli abitativi della Protezione civile che giacevano inutilizzati mentre tanti terremotati dell’Umbria vivevano in roulotte e tende. La Corte dei conti aprì un’inchiesta in merito. L’elenco sarebbe lungo. Ci limitiamo a segnalare che mentre i giornalisti restano sempre più saldamente davanti ad un monitor a selezionare le notizie, gli inviati di Striscia la Notizia vanno letteralmente a caccia di notizie e con vari servizi – seppur in forma satirica – costruiscono delle vere e proprie inchieste. |
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Servizio di Striscia La Notizia sul caso Vanna Marchi |
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