Dal positivismo al pessimismo: 
le due anime di Jules Verne

 


di Carmine Treanni

 

1. Introduzione
La fantascienza è spesso denominata anche con l’appellativo di “narrativa d’anticipazione”. Una definizione che ne demarca la tendenza – più che ad “anticipare” possibili invenzioni tecnologiche - ad immaginare futuri scenari sociali, politici ed economici, di cui oggi s’intravede qualche sintomo. Secondo alcuni critici, infatti, la funzione principale della science fiction è l’estrapolazione, ovvero il riconoscimento, sulla base di alcuni elementi, di una tendenza in atto per proiettarla nei suoi sviluppi futuri[1].

La fantascienza sociologica degli anni ’50 e ’60, ad esempio, fece propria questa caratteristica, accantonando l'avventura spaziale degli anni ’30 e ’40, e rivolgendo lo sguardo e la penna all’uomo, formulando anche dure critiche alla società del progresso tecnologico, del consumismo, della massificazione[2].

A ben guardare, però, tale caratteristica è già presente nella narrativa di due dei tre padri fondatori del genere, o almeno ritenuti tali dalla maggior parte dei critici: Herbert George Wells e Jules Verne.

Come nota il critico russo Julij Kagarlickij: “Alla fine della vita Verne giunse alla conclusione delle possibili conseguenze catastrofiche del progresso scientifico. L’opera di Wells comincia proprio qui. Jules Verne affrontò il problema dell’incompatibilità fra progresso tecnico e morale. Wells conferì a questo pensiero una forma socialmente concreta”[3].

Se Wells usò le conoscenze scientifiche per costruire storie ambientate in un futuro prossimo o remoto, in cui si ipotizzavano le conseguenze - per lo più negative - dell'incontrollato sviluppo tecnico e scientifico, Verne non gli fu da meno con storie ancorate per un verso ad una visione scientifica e positiva del futuro e dall’altro a una riflessione anche sociale sull’espansione tecnologica e i suoi effetti.

Si possono riscontrare nelle opere dello scrittore francese due anime: una devota alla scienza, al suo ruolo guida nella vita dell’uomo e della società futura; una seconda, di natura pessimistica, che riconosce anche i rischi di un uso incontrollato o personale dei risultati scientifici e tecnologici. Questa apparente contraddizione fa di Verne un autore più complesso e interessante di quanto non sia normalmente percepito dal lettore comune, ancorato quasi esclusivamente al luogo comune che vuole un legame stretto tra l’autore di Ventimila leghe sotto i mari e la letteratura cosiddetta per l’infanzia, di cui comunque Verne è e resta un cittadino a pieno diritto.

 

 

[1] Sulle varie posizioni di critici e studiosi sullo statuto ideologico della fantascienza si rimanda a Adolfo Fattori, L’Immaginazione tecnologica – Teorie della fantascienza, Liguori Editore, Napoli 1980

[2] Cfr. James Gunn, Storia illustrata della fantascienza, Armenia Editrice, Milano 1979 (1975)

[3] Julij Kagarlickij, H. G. Wells – La vita e le opere, Mursia, Milano 1974 (1963)

 

 

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