Dal positivismo al pessimismo: le due anime di Jules Verne
di Carmine Treanni

 



In questo romanzo, l’autore si lancia sia in una serie di previsioni sia sull’impiego della tecnologia sia sulla società. Ad esempio, Verne ipotizza la mancanza di case e una selvaggia espansione demografica:

“[…]ma a quel tempo non era facile trovare una casa in una capitale troppo piccola per i suoi cinque milioni di abitanti; a furia di ampliare le piazze, di aprire larghe arterie stradali e di moltiplicare i viali, rischiava di mancare suolo edificabile per le abitazioni private, cosa che giustificava il motto del tempo: a Parigi non ci sono più case, si sono solo strade!”[13].

Il contrasto fra il giovane ed idealista Michel e la società è spietato. La letteratura, la poesia, le arti, sono confinate in un grande archivio-carcere pressoché ignorato o deriso. Michel crede ancora in quelle cose, come un sopravvissuto fuori tempo. Ha una breve storia d'amore, ma finirà per arrendersi e soccombere assiderato, nella neve gelida del grande cimitero “Père Lachaise”, dove sono le tombe abbandonate dei grandi poeti e scrittori.

È un incubo metropolitano, quello di Verne, una cupa visione del futuro che non piacque per nulla ad Hetzel, che respinse sdegnosamente il manoscritto.

Lo scrittore francese fu così riportato dal suo editore nel più congeniale terreno del romanzo d’avventure, a sfondo geografico.

Tuttavia Verne non rinunciò del tutto a questa sua vena pessimistica, riversando in alcuni protagonisti dei suoi romanzi le paure per un uso incontrollato della scienza.

Prendiamo, ad esempio, il Capitano Nemo di Vingt mille lieues sous les mers: solitario, burbero, cinico e geniale. Jules Verne lascia sul conto del capitano Nemo molte domande in sospeso. Fa intuire alcune cose, ma non rivela niente. Quest’uomo, a quanto pare ricchissimo, un giorno, non si sa per quale motivo, decide di abbandonare per sempre il mondo civilizzato e di andare a vivere sul fondo dell’oceano, a bordo di un sommergibile dalla straordinaria potenza. Nulla ci è dato sapere sul suo conto. Tutto ciò che sappiamo è che ha smarrito la fiducia negli uomini.

Ecco come Nemo risponde al professor Aronnax, dopo averlo salvato e imbarcato a bordo del Nautilus:

 

“Effettivamente io non sono quello che voi definite un uomo civile - ribatté vivacemente il comandante.

Ho rotto i ponti con la società intera per motivi che riguardano solamente me stesso.

Non obbedisco affatto alle vostre regole e vi invito a non invocarle mai in mia presenza per nessun motivo.

Aveva parlato seccamente, mentre un lampo di collera e di sdegno gli si accendeva negli occhi: intravidi nella vita di quell'uomo un passato formidabile”[14].

 

Il capitano Nemo fugge con il suo Nautilus da un mondo che lo delude.

“Non fu facile, per Verne, mettere a punto i contorni del suo personale nevrotico e misterioso, mosso in realtà dal desiderio di vendetta. Dal 1869 Verne sviluppò un dialogo con il suo editore proprio attorno alla figura di Nemo. Hetzel lo costrinse a modificare più volte le caratteristiche del capitano. Ci sono numerose lettere che testimoniano questa lunga discussione tra l’editore Hetzel e lo scrittore Verne, come avveniva del resto per quasi tutti i romanzi dei ‘Viaggi straordinari’: Verne spiegava all’editore i personaggi su cui stava lavorando, discuteva le possibili modifiche, valutava con Hetzel le reazioni dei lettori”[15].

Nemo è un uomo quasi consapevole della inevitabile sconfitta, recluso in una prigione da lui stessa fabbricata. Un personaggio complesso e affascinante allo stesso tempo, al pari dei protagonisti di altri romanzi famosi.

Verne sembra dunque innestare attraverso i suoi eroi quei malumori provocati dai mutamenti politici e socio-culturali di cui lui e i francesi erano testimoni. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’autore di Dalla Terra alla Luna fu segnato dalla rivoluzione del ’48, dal socialismo utopistico di marca saint-simoniana e dalla critica libertaria dell’ordine costituito. Non a caso, tra i suoi amici e conoscenti ci furono il saint-simoniano Adolphe Guéroult, l’anticonformista fotografo Nadar, il geografo anarchico Elisée Reclus, l’ex comunardo Paschal Grousset. Il suo stesso editore, Pierre-Jules Hetzel, fu un esule politico dopo il colpo di Stato del ’52 di Luigi Napoleone Bonaparte, e il gruppo, che aveva costituito intorno alla casa editrice, era di idee progressiste.

In L'isola galleggiante (1895) e I padroni del mondo (1904), lo scrittore francese individua i pericoli potenziali di un uso ossessivo della tecnologia. Riconosce la tentazione irresistibile di abusare del potere acquisito dalla scienza. Nei suoi ultimi racconti - Il castello dei Carpazi o Il segreto di Wilhem Storitz - gli scienziati fanno paura, diventano pazzi e si avvicinano molto al Victor Frankeinstein protagonista del romanzo di Mary Shelley.

A proposito de Il segreto di Wilhem Storitz, Massimo Del Pizzo scrive: “E’ un racconto sul tema dell’invisibilità, ma nello scrivere questa storia Verne contraddice le regole ormai classiche della sua stessa scrittura, e cioè il positivismo rigoroso che è fede nella scienza, la logica ferrea degli avvenimenti soggetti alla legge della verosimiglianza, gli elementi didattico-divulgativi che spesso prendono molto spazio nelle avventure, e infine l’assenza di una passione amorosa”[16].

 


[13] Jules Verne,Parigi nel XX° secolo, op. cit.

[14] Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari, Newton & Compton, Roma 1995

[15] Fabio Giovannini, Introduzione a Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari, op. cit.

[16] Massimo Del Pizzo, L’altro Jules Verne: “Le secret de Wilhelm Storitz”, op. cit.

 

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