Le avventure seriali dell'immaginario collettivo di Carmine Treanni

 


 

In oltre un secolo di cultura di massa, grazie alla continua iterazione di simboli ed immagini, la serialità ha soddisfatto un bisogno  dell’individuo: la necessita di condividere una realtà con gli altri, di ricostruire un sé ed un’identità meno caotici e più coerenti.

Un Immaginario ben sintetizzato negli anni Sessanta dalle opere di Andy Warhol, il massimo esponente della Pop Art. Un estetica, quest’ultima, che segna l’incontro tra l’Arte e la società dei consumi e della cultura di massa.

Per la Pop Art di Warhol non è importante l’originalità dell’oggetto d’arte, quanto il fatto di essere facilmente riconoscibile e universalmente diffusa e ripetibile. L’artista americano usa la tecnica della serigrafia per creare immagini dall'impatto immediato da moltiplicare virtualmente all’infinito. Nascono così le celebri serie, che propongono più volte, con semplici variazioni di colore e di dimensioni, un particolare oggetto o un singolo volto, catturati tra quelli che più esplicitamente incarnano l'immaginario collettivo americano: il viso di Marilyn Monroe, diva tra le dive, o la scatola della Campbell's Soup. Warhol trasferisce nell'empireo dell'arte i simboli della cultura di massa, contribuendo a sua volta a consolidare con la tecnica e la forza della serialità un comune Immaginario per l’uomo postmoderno.

Oggi, il fenomeno che ho tentato confusamente di descrivere è sotto gli occhi di tutti. Se il feuilleton non esiste più da oltre un secolo, la logica che li sottendeva si è estesa all’oggetto libro. Non sono pochi gli autori, soprattutto quelli riferibili alla cosiddetta letteratura di genere, che scrivono più romanzi con protagonista lo stesso personaggio o la stessa ambientazione. Un fenomeno non certo nuovo, ma che oggi ha assunto proporzioni inimmaginabili. Due esempi su tutti: Stephen King e il suo ciclo di romanzi La Torre nera e quello di Harry Potter della scrittrice inglese Joanne K. Rowling. Quest’ultimo, a sua volta, è stato trasposto sul grande schermo sempre in forma seriale. Il cinema degli ultimi vent’anni, d’altro canto, ha fatto della serialità un suo terreno di conquista. Basta pensare a un regista come George Lucas, che decide di scrivere e girare, all’inizio del nuovo millennio, una trilogia di film – Guerre Stellari - che è a sua volta un prequel di una trilogia girata alla fine degli anni Settanta.

Ma non solo. I remake di cui Hollywood si nutre da molto tempo, sono un segnale preciso sia di una mancanza di idee originali sia della consapevolezza di puntare economicamente su una storia già risultata vincente, ma anche sua una strategia vincente: quella della serialità.

Ancora, i palinsesti televisivi hanno nel telefilm la forma seriale più compiuta e più nota al grande pubblico, uno dei loro punti di forza. Senza contare che anche su questo fronte, il cinema, degli ultimi dieci anni, ha attinto storie e personaggi sia dai telefilm degli anni Settanta e Ottanta, sia dal fumetto supereroistico. Serie televisive e film, a loro volta, spesso conoscono una versione a fumetti, o una trasposizione in forma di romanzo: Star Trek e Guerre Stellari docent.

Una serialità, dunque, che cannibalizza senza pietà mass-media, storie e personaggi, immergendo il lettore/spettatore in una fruizione  infinita dell’Immaginario collettivo.

 

 

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