Le avventure seriali dell'immaginario collettivo di Carmine Treanni

 


 

Il passaggio da una società contadina a quella pre-industriale, da quella industriale a quella post-industriale influenzano e sono influenzate dallo sviluppo dell’industria della cultura di massa. Lo sviluppo delle metropoli (si pensi alle periferie urbane), la nascita di luoghi di aggregazione e di socialità (dalle sale cinematografiche agli impianti sportivi e alle discoteche), il fenomeno del boom delle nascite nel secondo dopoguerra sono solo alcuni esempi di fenomeni che si intersecano e si intrecciano con lo sviluppo delle comunicazioni di massa. 

Scrive ancora Peppino Ortoleva: “Se i mezzi di comunicazione di massa e i loro prodotti paiono segnare il tempo della nostra vita e fissare le date della nostra storia, e fanno da ponte fra il tempo privato della vita individuale e familiare e quello pubblico della vita associata, ciò è dovuto al fatto che guardare la televisione, andare al cinema, ascoltare la radio o i dischi sono esperienze sociali per eccellenza, anche quando l’atto concreto della fruizione è strettamente personale. Possiamo dire senz’altro che sono esperienze tra le più diffuse, e tra le più ampiamente condivise, della società contemporanea”[7].

Sempre negli anni trenta, cominciano ad affiorare anche le prime analisi sul fenomeno della serialità. Non c’è dubbio che se la critica della nuova cultura prodotta dal capitalismo rappresenti il più alto contributo offerto dalla “Scuola di Francoforte”, è a Walter Benjamin che si deve una posizione più autonoma e per certi versi più originale, nello studio di questo fenomeno.

In uno dei suoi saggi più interessanti, Benjamin sottolinea che la riproducibilità dell’arte annullerebbe quella che egli definisce “l’aura” dell’opera d’arte, cioè quel qualcosa di unico ed originale presente nell’arte prima dell’avvento della fotografia e del cinema. Prima, cioè, della manipolazione tecnica che ha permesso anche la fruizione illimitata e diffusa della stessa opera[8].

È in questo contesto che matura la serialità e con essa l’Immaginario Collettivo.

Per una definizione di Serialità

Proviamo allora a definire, a circoscrivere il fenomeno della serialità. Con questo concetto bisogna intendere l’applicazione sul piano della comunicazione e della rappresentazione estetica delle modalità di produzione dei beni di consumo. Si produce fiction così come nelle fabbriche si sfornano automobili, con tempi e modalità ben definiti.

A sua volta, il pubblico fruisce in modo seriale i prodotti della cultura di massa. Umberto Eco ha chiarito bene, idealtipizzandolo, il concetto di serie e come si pone davanti a questo “testo” lo spettatore: "La serie tipica può essere esemplificata, nell'universo verbale, dai gialli di Rex Stout (personaggi fissi Nero Wolfe, Archie Goodwin, la servitù di casa Wolfe, l'ispettore Cramer, il sergente Stebbins e pochi altri), e nell'universo del visivo da All in the family, Starsky and Hutch, Colombo, Lucy ed io ecc. Come vedete metto insieme generi televisivi diversi, che vanno dalla soap opera alla situation comedy sino al serial poliziesco. (...). Nella serie l'utente crede di godere della novità della storia (che è fondamentalmente sempre la stessa) mentre di fatto gode per il ricorrere di uno schema narrativo costante ed è soddisfatto dal ritrovare un personaggio noto, con i propri tic, le proprie frasi fatte, le proprie tecniche di soluzione dei problemi... La serie in tal senso risponde al bisogno infantile, ma non per questo morboso, di riudire sempre la stessa storia, di trovarsi consolati dal ritorno dell'identico, opportunamente mascherato e fasciato di novità superficiali. La serie consola l'utente perché premia le sue capacità previsionali: l'utente è felice perché si scopre capace di indovinare ciò che accadrà, ed è felice perché gusta il ritorno dell'atteso. Tipo di soddisfazione che domina molta della nostra fruizione di musica tradizionale. L'utente è soddisfatto perché ritrova quanto egli si attendeva, ma non attribuisce necessariamente questo ritrovamento alla struttura del racconto bensì alle proprie eccellenti capacità previsionali"[9].

Secondo Alberto Abruzzese, che al tema della serialità ha dedicato diversi interventi: “La serialità riguarda una fase dello sviluppo della società innanzi tutto; ma si è anche articolata storicamente lungo il processo evolutivo delle tecnologie della comunicazione e rappresentazione. Per serialità si intende, dunque, lo strutturarsi del ciclo di funzioni e di relazioni tra il territorio ed i linguaggi espressivi (sia nelle loro forme di produzione che nelle loro forme di consumo) su basi seriali. Vale a dire che per serialità si intende l’estensione della standardizzazione industriale dall’organizzazione della fabbrica e della società all’organizzazione delle forme di comunicazione e di rappresentazione”[10]. Una trasposizione quindi sul piano estetico dei modi di produzione dei beni di consumo.

 


[7] Peppino Ortoleva, Mass Media, op. cit.

[8] Walter Benjamin, L’Opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1966

[9] Umberto Eco, Apocalittici ed integrati, Bompiani, Milano, 1964.

[10] A. Abruzzese, Introduzione alla serialità in A. Abruzzese (a cura di), Ai confini della serialità, Società editrice Napoletana, Napoli 1984

 

 

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