L’inaudito (in)contro di DJ Spooky e Scanner nella città galleggiante |
di Beatrice Ferrara | |
Cosa accade, infatti, ad esempio, in una conversazione al cellulare? Marcata da trilli, suonerie, vibrazioni, la telefonata è un passaggio spazio-temporale, tra lo spazio-tempo pubblico e uno spazio-tempo privato: sono in gruppo, il telefono squilla, mi allontano per rispondere, affrettando o rallentando il passo, intorno a me tutto diventa più sbiadito, sono altrove, con qualcun altro, lì nel cerchio tracciato dalla telefonata, intreccio di voci che solo per metà, la mia metà, chi è intorno a me può sentire. Lo scanner, l’inquietante orecchio che sorveglia l’etere, può, da solo, completare questi discorsi a metà, per trarne informazioni e disegnare mappe certe. Oppure, può decidere di lasciare risuonare questa parzialità, giocando con i suoi stessi codici. Solo così, rendendo udibile la parzialità, le entrate e le uscite, esso potrà ricombinare il territorio-come-passaggio, e lasciare anche uno spazio aperto. Uno spazio futuribile, per poter mappare quei movimenti che trasformano la città, ma che nessuna telefonata potrà registrare. I movimenti di chi non ha accesso ai codici tecnologici, ai numeri di identificazione personale, ma è ugualmente trasportato dal flusso di una contemporaneità connessa e complessa. Queste storie senza fissa memoria, queste memorie senza fissa dimora, fanno dello spazio urbano lo spazio-oceanico dell’eterotopia (Michel Foucault, 1967). The Quick and the Dead non le racconta, non vuole farlo. Soltanto, stende un piano perché alcune dinamiche interne e segrete diventino finalmente udibili. A sottolineare il divenire di questa indagine sui codici e la tecnologia tentacolare come percorso necessario e pericoloso sono i balbettamenti della musica: gli slittamenti del disco. Il glitch, ad esempio, brevissimo blocco della musica, che ritorna su se stessa per poi ripartire, è infatti una riflessione meta-tecnologica. La macchina riflette su se stessa. Chi ascolta (ma anche il musicista elettronico) può così vivere la città galleggiandola. Non ha ancora un’àncora, né però annega: è nel mezzo. Attraversa lo spazio non riconoscendo i suoni, non scorrendo, cioè, il proprio catalogo esperienziale. Lo fa, piuttosto, complicando lo spazio e la narrazione, divenendo luogo fra i luoghi. È così che, annaspando fra i suoni e complicando l’ascolto, galleggiamo sulla città oceanica e siamo piccole meduse che si gonfiano e si ritraggono, ancora incerti su come usare questi nostri tentacoli urticanti. | ||
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— Deleuze, Gilles, 1968, Differénce et répétition, Paris, PUF; tr. it. Differenza
e ripetizione, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1997.
— Deleuze G., 1983, Cinéma 1.L’image-mouvement, Paris, Minuit; tr. it. L’immagine-movimento: cinema 1, Milano, Ubulibri, 1984. |
— Deleuze G. e Guattari F., 1980, Mille plateaux. Capitalisme et schizofrénie, Paris, Minuit; tr. it. di Giorgio Passerone, Millepiani. Capitalismo e schizofrenia, Roma, Castelvecchi, 2006 |
— Foucault, M., [1967] 1984, “Des espaces autres. Hétérotopies”, Architecture,
Mouvemement, Continuité, n. 5 (oct 1984), pp. 46-49.
— Miller P. D. aka DJ Spooky that Subliminal Kid, 2000, “Web Notes for The Quick and the Dead.
Comments on a Collaboration between Scanner and DJ Spooky that Subliminal Kid Exploring Urban Transmission/Reception Sound Patterns
and Codes.”, http://www.djspooky.com/ |
— Miller, Paul D. aka DJ Spooky that Subliminal Kid vs Robin Rimbaud aka Scanner, 2000, The Quick and the Dead, Sulphur Records. | |||