Addirittura, non si può neanche nominare, perché
mancano segni riconoscibili di un’identità
specifica. Nonostante questo, però, si può
attraversare… galleggiando. La città di The
Quick and the Dead è quindi sottile e suadente,
uno specchio d’acqua agitato da una moltitudine di
piccole onde. In questa città-oceano di DJ Spooky e Scanner,
che è la grande città-pianeta proteiforme
dell’età globale, i luoghi sono ambiguamente
situati. Al medesimo istante, infatti, un luogo è collocato
(locale) così come è attraversato da flussi
globali. Ogni spazio, cioè, è costruito e
decostruito dai processi che in esso avvengono, ovvero dalle sue
simultanee entrate o uscite dai rituali della vita urbana. In questo
movimento simultaneo di entrata e uscita, il territorio urbano
è tenuto insieme e, allo stesso tempo, percorso di traverso
dalle tecnologie.
Scanner e DJ Spooky ne scelgono
una, appunto quella dello scanning telefonico, esplorandone i codici,
le modalità di accesso, le funzioni e le disfunzioni, alla
ricerca di un nuovo territorio ricombinante: la
città-eterotopia. Lo fanno proprio procedendo per intervalli
fra entrate ed uscite su diverse soglie percettive, che rendono di
volta in volta sincronicamente udibile, l’altrimenti
impercettibile rumore di tutti i microluoghi. Provando a mappare una
città globale, si potrebbe dire: la città
è una serie di ambienti che passano l’uno
nell’altro, è attraversata da canali, strade, da
treni che entrano ed escono da gallerie; uomini e donne, attraversando
corridori, porte, passaggi a livello per eseguire rituali della vita
urbana marcano spazi, spariscono qui e riappaiono alla vista
lì, ora con questo ora con quello; a volte è il
loro lavoro a viaggiare, inascoltato, dimenticato, messo a tacere.
Altre volte essi attraversano soglie per non riapparire
più… ma da una membrana all’altra il
cervello li trasporta come ricordi di odori, di luoghi, di storie.
È tutta una comunicazione tra ambienti bucati fatta di
visibilità ed invisibilità alternate. La
città sonora di Scanner e DJ Spooky tiene insieme questi
ambienti proprio attraverso passaggi-fantasma: tra le architetture
sonore, le figure musicali entrano ed escono dal paesaggio-pezzo, si
spostano, spariscono, ritornano... a tratti udibili e a tratti
silenziose. Nel gioco di velocità e lentezze,
però, la musica rende udibile proprio questo aspetto:
l’idea che la presenza/assenza di un suono, di un luogo, di
un corpo sono relative ad una soglia di discernibilità.
Mutate la soglia, e sentirete i fantasmi. Nel seguire i movimenti di un
dato accento ascoltando le conversazioni telefoniche, DJ Spooky e
Scanner mappano una diversa distribuzione sociale degli abitanti
dell’età globale, seguendo i loro spostamenti
coatti, ma anche i loro movimenti desideranti. Remixando,
cioè rimescolando, questi dati informativi, lasciano infatti
emergere, ad ogni ascolto, un nuovo disegno della mappa cittadina. In
queste mappe mobili e non più informative, a partire dagli
spazi e dagli abitanti distribuiti nella città, la musica
utilizza la tecnologia di controllo in maniera creativa, trasformando
lo spazio. Essa rivela, così, la presenza di muri laddove
all’occhio sembra non ve ne siano, o costrisce
ponti sonori laddove l’architettura urbana non ne ha
previsti. In questa musica, infatti, il taglio, la
tecnica nera del cut, è strettamente
legata alla ripetizione come ricucitura: i passaggi fra un suono e
l’altro, infatti, avvengono per intervalli di transizione e
per passaggi lisci, tenuti insieme da pulsazioni ripetute, in cui un
suono fugge dalla sua posizione per raggiungere un altro punto del
brano… molto spesso sparendo per poi riaffiorare
più avanti. Utilizzando il luogo tecnologico-affettivo della
telefonata, The Quick and the Dead lascia anche
aperta una porta ad altri interrogativi.
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