SSherlock Holmes ha novant’anni e vive appartato tra
i campi nel Sussex. Si interessa di api, pappa reale e frassini
spinosi. Nel frattempo Watson è morto. Questo vecchio Holmes
è il protagonista del romanzo L’impercettibile
trucco della mente (A Slight Trick of the Mind,
2005) di Mitch Cullin, promettente autore americano.
La cosa interessante è che il metodo di Holmes,
tra le pieghe del racconto, arranca, disperde la sua perfetta
deduzione. Holmes sembra fallire. È un buon libro, ma a
volte odora di palma californiana e non di carta da parati inglese,
l’idea regge ma è come se una pallottola colpisse
Tex Willer senza fare zip. Sembrerebbe
già un mondo al contrario. Facciamo un passo
indietro. In un giorno estivo, lungo il fiume Isis, Charles
Lutwidge Dogson in presenza di tre bambine, Lorina, Alice e Edith,
figlie di H.G. Liddell, decano del Christ Church di Oxford,
darà vita ad un capolavoro. Aveva trent’anni. Nel
1865, per l’editore Macmillan, con disegni di John Tenniel,
pubblica Alice’s Adventures in Wonderland
(2003). Timido come un giunco, tartagliava perfino, avendo
difficoltà nel pronunciare la lettera P.
L’idea dello specchio gli venne un giorno
che diede ad Alice Liddell un’arancia e le chiese in quale
mano la tenesse.
“Nella
mia mano destra, – rispose Alice.
Ora
guarda quella ragazzina nello specchio
e
dimmi, in quale mano tiene l’arancia?
Nella
sua mano sinistra.
E come
spieghi questo fatto?
Essa
rifletté un istante, poi rispose:
Se io
potessi passare dall’altra parte
dello
specchio, non avrei
forse
l’arancia ancora nella mia mano destra?
Risposta
eccellente, disse Carroll”.
Ebbene, Lewis Carroll in quell’istante scattava una
fotografia, del resto Alice non pensò,
ma rifletté. Alice fu la sua
camera oscura. O meglio, fu Alice quello che per l’inventore
francese Joseph-Nicéphore Niepce fu una tavola
apparecchiata. Così al contrario di come la vide.
Tutto avrà un senso nella casa degli specchi, anche tra le
immagini rovesciate. Basta scegliere con cura i volumi da sfogliare. Ad
esempio, un volume pubblicato nel 1960 per i tipi della Dover
Publications, Inc di New York, dal titolo The Humorous verse
of Lewis Carroll, con illustrazioni di Sir John Tenniel,
Arthur B. Frost, Henry Holiday, Harry Furniss e disegni
dell’Autore. Sulla brossura rovinata di un bellissimo colore
arancio campeggia fiera l’immagine del Cappellaio Matto, lo
stesso che si ritrova sul label stampato di un album
dei Genesis del 1973 dal titolo Selling England by the Pound,
un’edizione in vinile acquistata da un rigattiere
accomodante. Così chi scrive conobbe Alice.
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