foto Studio Azzurro | ||
Percepisco dunque suono... immagino... sono Nanof di Erika Dagnino |
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…volgo
lo
sguardo alle dieci gallerie che da qui si dipartono, ognuna delle quali
secondo il progetto generale discende o sale, va
dritta o gira, si allarga o si restringe e tutte ugualmente mute e
deserte, e pronte a portarmi ognuna per proprio conto alle molte
piazzole, anch’esse mute e deserte – allora
il pensiero della sicurezza mi è lontano, so bene che qui
c’è la mia roccaforte, che ho sottratto al terreno
riottoso, grattando e rosicchiando, battendo e martellando; la
mia
roccaforte che non può appartenere in alcun modo a qualcun
altro, è mia a tal punto che alla fin fine qui posso
tranquillamente ricevere dal mio nemico anche il colpo mortale,
perché il mio sangue si spargerebbe nel mio
terreno e non
andrebbe perduto.
Roma, 3 gennaio 1927. Nasce Nannetti Oreste Fernando, da Nannetti Concetta e padre ignoto. Costretto fin da bambino ad entrare in contatto con ambienti quali istituti di carità e strutture per minorati psichici, nel 1948 è accusato per oltraggio a pubblico ufficiale, prosciolto per vizio di mente. Il trasferimento all’ospedale psichiatrico di Volterra dal Santa Maria della Pietà in Roma avviene circa dieci anni dopo, destinato alla sezione giudiziaria. È poi nel 1972 che viene dimesso e trasferito al reparto Bianchi di Volterra. Volterra. Per oltre un decennio Nannetti Oreste Fernando compone un prezioso quanto enorme libro murale utilizzando come unici strumenti di incisione le fibbie del proprio panciotto, parte della divisa dei ricoverati, e trattando come pagina l’intonaco degli edifici di un cortile interno dell’ospedale psichiatrico. Un muro di delimitazione diventa quindi lo spazio di un linguaggio ossessivo, della proliferazione della parola scritta e dell’accanimento del gesto stesso di scrittura, opera che ha del prodigioso rispetto ai valori di comunicazione e meta-comunicazione. Nannetti Oreste Fernando muore a Volterra il 24 gennaio 1994. Lasciando, oltre all’estesa opera murale, circa 1.600 lavori a penna su supporto cartaceo. L’HABITAT
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