Molte delle sue performance sono prove estreme di
resistenza al dolore e alla fatica, oltre che alla dura preparazione ad
ogni singola rappresentazione. Il suo stile di vita è stato
plasmato dalle sue esigenze artistiche? Sebbene
abbia fatto Yoga per tutto il tempo in cui ho vissuto in Giappone e mi
sia allenato praticando agonisticamente lo squash, ciò non
è derivato dalla necessità di preparazione fisica
alle performance. Certo, serve una buona forma fisica, ma non
eccezionale. Ma di sicuro la mia pratica dell’arte ha avuto
influenze sulla mia vita quotidiana. Ci voleva di solito una settimana
per riprendermi da ogni performance di suspension.
Sono stato ricoverato in clinica dopo l’inserimento della Stomach
Sculpture. È stato necessario più di un
anno per riprendermi dall’intervento chirurgico e
dall’infezione causata dal progetto Ear On Arm.
Credo che il corpo esegua le performance indifferentemente,
cioè senza aspettative. Quando un’azione viene
eseguita per rispondere a delle aspettative, le possibilità
diventano rapidamente atti, e la performance peggiora. Eseguire una
performance con indifferenza le permette di svolgersi con i suoi tempi
e ritmi. Credo che quest’idea di indifferenza sia attualmente
il mio modo di vivere.
Con le sue performance lei viola i limiti biologici: The
Body Suspensions (1976-1988) combattono contro la
gravità, The Stomach Sculptures (1993)
svuotano il corpo e le tecnologie, lo invadono, e in Fractal
Flesh (1995) il corpo assume una dimensione satellitare con
cui è possibile interagire a distanza. Il progresso
l’ha trasformato in uno sciamano tecnologico, si riconosce in
questo ruolo? La sua arte ha anche un aspetto mistico? Non
è necessario usare le parole “sciamano”
e mistico”, questo tipo di linguaggio è fuorviante
e si riferisce a nozioni metafisiche di vecchio stampo, completamente
estranee all’intenzione teorica e artistica. Piuttosto che
chiarire cosa sta accadendo, questo tipo di interpretazione oscura
l’obiettivo. Credo che queste parole vengano utilizzate per
descrivere attività che non si comprendono in pieno, non
c’è una dimensione spirituale in questi lavori
artistici, semplicemente esplorano la sfera dell’intuito e
dell’estetica.
Qual è il rapporto tra la sua arte e le
scienze mediche? Le protesi che utilizza per le sue performance nascono
come protesi biotecnologiche. Crede che si possa ipotizzare un rapporto
simbiotico tra la sua arte e lo sviluppo scientifico in campo
medico? Certamente i progetti hanno
richiesto l’uso di tecniche mediche di monitoraggio, protesi,
incremento elettronico, chirurgia e l’uso di cellule
staminali. La seduzione della scienza risiede negli usi che ne
derivano. La sua ricerca metodica e riduttiva produce tecnologie che
aumentano le nostre capacità e comprensione. La pratica
artistica genera una molteplicità di possibilità
diverse, riguarda più l’esporsi, lo smontare
dall’interno. Non riscuote successo se genera
ambiguità, ansie o incertezze. Non dovremmo paragonare i
processi ideativi e creativi nell’ambito delle due
attività in quanto queste lavorano su piani diversi.
Pertanto non esiste un legame tra arte e scienza medica. Ma piuttosto
una relazione difficile, problematica, antisimbiotica e persino
patologica.
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