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edico
cardiologo, Svetlana Broz nasce a Belgrado nel 1955. Per
alcuni anni è giornalista free lance nella sua
città. Negli anni
Ottanta e Novanta lavora come cardiologa presso l’Ospedale
Militare di
Belgrado. Nel 1993 comincia a raccogliere le testimonianze per Dobri
ljudi u vremenu zla (I giusti nel tempo del Male,
Erickson, Trento, 2008), che verrà pubblicato per la prima
volta in Bosnia-Erzegovina nel 1999. Tradotto in inglese, italiano, spagnolo,
francese, polacco, ceco, il volume è alla sua sesta
edizione. Nel 2005
cura la pubblicazione di Imam Petlju
(Avere fegato), GARIWO, Sarajevo. Nel 2006 cura
anche Pravednici Ruande izmedju zaborava i pomirenja
(I giusti in Ruanda fra oblio e riconciliazione) di
Klaas de Jonge, GARIWO, Sarajevo. Ha fondato e dirige
l’organizzazione non governativa GARIWO (Gardens of
Righteous Worldwide Sarajevo)
di Sarajevo che si occupa di educazione dei giovani al coraggio civile.
Tra il 2000 e il 2007 ha tenuto più di 700 conferenze in
università
americane ed europee. Vive e lavora a Sarajevo. Nel suo libro, I giusti nel tempo
del male,
Lei ha deciso
di raccontare “storie” di uomini per raccontare
“la Storia”. La storia
dal basso è diventata negli ultimi anni sempre
più un mezzo per entrare
in una dimensione più reale dei conflitti armati, attraverso
le
testimonianze di vittime e spettatori diretti delle guerre. Secondo lei
la storia orale gioca un ruolo importante nella integrazione o nella
contrapposizione alla storia ufficiale, spesso caratterizzata da vuoti
informativi, anche voluti? Ho cominciato a
raccogliere le
testimonianze di persone normali, di semplici vittime o spettatori
della guerra, nel gennaio del 1993, durante il primo anno del conflitto
bosniaco. Il motivo principale che mi ha spinto ad intraprendere questo
lavoro è stato il desiderio di portare alla luce e
riaffermare la bontà
della natura umana, un sentimento trasversale a tutte le barriere
etno-nazionali e religiose, ma anche perché ero
profondamente convinta
che nessuno, né i mass media, né i politici e
nemmeno gli storici, si
sarebbero occupati di queste persone. Sono passati ormai quindici anni
e mi sento libera di dire che avevo ragione. |
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Questo genere di
testimonianze umane, che chiamiamo “storia orale”
(“oral history”),
rappresentano quasi sempre delle fonti d’informazione molto
più
attendibili e preziose di quelle usate per scrivere la storia
“ufficiale”, che ordinariamente ci viene
raffigurata in maniera
distorta e parziale. Se prendiamo come esempio la recente guerra in
Bosnia-Erzegovina, possiamo vedere come gli storici bosniaci, ma lo
stesso vale anche per quelli dei paesi limitrofi, non sono riusciti
né
a distanziarsi né a tener testa alle influenze della
politica.Il
risultato di questa subordinazione della storia ai voleri politici
è la
palese distorsione degli avvenimenti realmente accaduti. Basta
sfogliare qualsiasi manuale di storia attualmente in uso nelle scuole
bosniache per rendersi conto che questi testi non sono altro che uno
strumento con il quale i politici nazionalisti, che ancora oggi
governano il paese, stanno cercando di legittimare la loro
partecipazione nella guerra e l’ideologia che
rappresentano. Quello che
voglio dire è che i nazionalisti nostrani, pur non avendone
il diritto,
non fanno altro che sacrificare la verità e con
l’aiuto costante degli
storici manipolano e deviano le nuove generazioni di questo paese. I
testimoni che si trovano nel libro “I giusti nel tempo del
male” sono
persone che in realtà non avevano nessun interesse a
distorcere o a
nascondere la verità. Questi testimoni hanno descritto i
fatti proprio
come li hanno visti e vissuti e questo ci permette di apprendere una
reale dimensione della guerra. Normalmente le loro testimonianze si
contrappongono alla storia ufficiale. Durante un convegno scientifico,
tenutosi cinque anni fa in Germania, un intero gruppo di antropologi,
storici, psicologi e sociologi ha discusso per tre giorni interi
cercando di risolvere il problema relativo alla veridicità e
all’obiettività dei manuali di storia utilizzati
nelle scuole della
ex-Jugoslavia. Alcuni di loro, prendendo spunto da quello che
è stato
fatto in Germania dopo la Seconda guerra mondiale, hanno addirittura
proposto di eliminare dai libri il periodo storico che va dal 1991 al
1999. In ogni modo, l’unico argomento sul quale hanno trovato
un
consenso unanime è stata l’idea di far studiare la
storia della guerra
in Bosnia-Erzegovina tramite le testimonianze contenute nel libro I
giusti nel tempo del male.
Hanno proposto di tradurre il libro in dieci lingue parlate nel sudest
europeo ma in questo intento sono stati prontamente fermati dalle
oligarchie nazionaliste che governano la regione.
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