I racconti di invasioni blasfeme, o di
“convivenza” ignara e forzata con esseri
provenienti da universi distorti e morbosi di cui ci narrano il
“Solitario di Providence” e il “Re del
brivido”, non sono che la rielaborazione narrativa di terrori
e ossessioni reali, che prendono la forma attualizzata della paura del
vicino di casa o dello sconosciuto alla porta, che potrebbe
essere il fanatico di turno pronto a fare
strage… Questa propensione al magico, al sacro,
anche nelle aree più moderne degli States, di cui scrive
Erik Davis4, nelle sue varie articolazioni – quelle
più “istituzionali” e quelle
più eccentriche, quelle più conservatrici e
quelle più postmoderne, come la New Age –
è il terreno su cui possono prosperare i richiami
dell’establishment alla sacralità della
guerra, e della guerra al terrorismo, in particolare sotto la
guida di una figura che agli occhi dei suoi sostenitori può
apparire quasi come una creatura sovrannaturale in contatto con
un’altra realtà. Che questa figura si chiami
George Bush, Adolf Hitler, Gengis Khan o Giuseppe Mazzini, poco cambia.
È il cosiddetto “culto della
personalità”, che è, al tempo stesso,
misticismo, magia e religione. Niente di nuovo sotto il sole, quindi: Got
mit uns… Altra parte decisiva nella
politica della guerra al terrore l’ha però avuta
anche la fortissima lobby israeliana che controlla parte
dell’establishment americano, dando man forte alla teoria
dell’attacco all’Iran, da sempre nemico giurato di
Israele e che ultimamente, con il suo presidente, ha negato
addirittura l’esistenza dell’Olocausto. A
tutto questo chiaramente Bush non si è potuto sottrarre
politicamente, ma con lui l’idea della sacralità
di Israele come “terra promessa” ha chiaramente
trovato terreno fertile, e la contrapposizione con il fanatismo
religioso iraniano ha fatto il suo gioco. Per il presidente e i suoi
sostenitori del Sud, infatti, il “Giorno del
giudizio” è ormai alle porte, ed è nei
luoghi sacri di cui lo Stato di Israele fa parte che si
svolgerà la battaglia finale tra le forze del bene e quelle
del male, in una frenesia apocalittica che negli USA può
sempre trovare terreno fertile, a partire anche dai luoghi meno
sospetti. Si pensi ai movimenti New Age, ad esempio, e alla loro
propensione millenarista. Il fanatismo religioso di Bush ha
chiaramente gettato benzina sul fuoco, mascherando le motivazioni
politico/economiche che sono l’autentica base della guerra al
terrore.
Insomma, se oggi vi sono più musulmani che
odiano il “modo di vita” occidentale non
è certo a causa della propaganda di qualche sceicco disperso
in azione; è a causa del tono della risposta che si
è voluta dare per combattere un semplice gruppuscolo di
fanatici mediorientali. Possiamo quindi suggerire che una semplice
risposta militare agli attentati dell’11 settembre non
avrebbe offerto né ai fanatici mediorientali, né,
forse, a Israele e ai suoi sostenitori d’oltreoceano la
possibilità di trasformare uno scontro politico in una
pretesa guerra di religione. C’è da
chiedersi: le continue commemorazioni delle stragi
dell’11 settembre servono più ad onorare le
innocenti vittime, oppure a continuare a fornire un pretesto
all’Amministrazione americana per proseguire con la sua
politica di guerra al terrore globale? Ma ancora; riflettendo
su questo intreccio fra sacro, profano, sovrannaturale narrativo e
richiami alla religione più integralista, la
realtà, come spesso succede, non rischia di sfociare
dall’immaginazione a orrori ben più inquietanti di
quelli che Lovecraft, King e altri hanno messo in scena per i loro
lettori?
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