La Corte
Suprema del Canada si è occupata di un caso alquanto
singolare: un uomo, tale Waddah Mustapha, si è rivolto alla
giustizia
canadese dopo aver trovato una mosca morta in una bottiglia
d’acqua
minerale perfettamente sigillata. Il signor Waddah sostiene che, a
seguito di questo rinvenimento, ha perduto ogni desiderio sessuale ed
ha iniziato a soffrire di profonde depressioni, ansia e fobie. Per
completezza di cronaca, aggiungiamo che il signor Waddah Mustapha e
consorte non hanno consumato la benché minima parte del
liquido in
questione; essi hanno inoltre citato la società
distributrice del
prodotto in giudizio, richiedendo un risarcimento di 340.000 dollari,
come ha riportato l’agenzia AFP (Agence France-Presse) il 19
marzo 2008. Ai
due coniugi canadesi sarebbe quindi bastata la sola visione
(“Non vi è
stato nessun contatto fisico” avrebbe ammesso Mustapha nella
sua
testimonianza davanti alla Corte) di questo insetto per inibire ogni
desiderio sessuale nei confronti della moglie. Singolarità
della
notizia a parte, questo episodio è degno di considerazione.
In primo
luogo perché ci induce a pensare che il nostro rapporto con
le mosche,
e con gli insetti in genere, è tutt’altro che
neutro o semplicemente
legato a sensibilità o idiosincrasie individuali. Il secondo
è che su
questo rapporto, mai sufficientemente spiegato, la scienza ed altri
campi di studio, non ultime, in questo caso, le discipline giuridiche,
si sono ampiamente dilungati. Spesso involontariamente,
incoscientemente o incidentalmente. La mosca domestica, così
come ne
abbiamo esperienza quotidiana, appartiene all’ordine dei
ditteri (che
significa che posseggono due ali), ed è uno di
quegli insetti che più
si è abituato a convivere con l’uomo. Anche se non
sempre ed ancora
difficilmente avviene l’inverso. Questo dittero depone le
uova nei
materiali organici in decomposizione, dove si sviluppano le larve, che,
dopo qualche giorno, diventano adulte. Nella sua breve vita la mosca
può deporre anche un migliaio di uova. Fin
dall’antichità, l’insetto
mosca è stato associato a divinità e a simboli, o
a stati di malessere.
Notiamo, così, che tra i vari nomi attribuiti a Giove nella
mitologia
classica vi è quello di Dio delle mosche. Si narra infatti
che Ercole,
nell’atto di offrire sacrifici agli dei, fu assalito da uno
sciame di
mosche attirate dall’odore delle vittime sacrificali. Per
liberarsi da
questo assedio, il nostro valente personaggio dovette addirittura
indirizzare le sue offerte a Giove: con il suo favore gli insetti, si
narra, sparirono immediatamente. In tempi più
vicini a noi, è
proprio la coscienza, anche se solo con caratteristiche
normative, ad
assumere le sembianze di insetto. È il caso, ad esempio del
grillo
parlante in Pinocchio. Qui l’insetto ricorda insistentemente
al
protagonista, in costante e precario equilibrio tra bambino e
burattino, quali siano le regole e gli obblighi di un bravo fanciullo.
Inizialmente, schiacciato dal burattino, l’insetto,
sistematicamente,
si ripresenta nel corso della fiaba. Il grillo, in buona sostanza,
è
inviato (si presume dalla Fata Turchina, vera dea della
moralità
collodiana) ad aiutare Pinocchio nella sua singolare
metamorfosi. Il
protagonista è all’inizio solo un pezzo di legno
destinato ad ardere in
qualche camino, ma mastro Geppetto desidera tanto fare di lui un
burattino. È solo dal momento in cui passa nelle mani di
Geppetto che
questo ceppo comincia ad animarsi, ad essere semovente fino ad avere
una propria autonomia ed una propria coscienza.
animazione da nautike.splinder.com/archive/2005-06 |