Egli si rinchiuse nel suo fanatismo
religioso, ritenendo e dichiarando poi che Dio gli aveva affidato una
missione: quella di esportare la democrazia in
tutto il mondo, soprattutto in quei paesi che erano soggetti a
dittature. Questo chiaramente ebbe ripercussioni anche sulle reazioni
dell’America agli attentati dell’11 settembre. Prima
venne la campagna d’Afghanistan, che affermò
rapidamente la supremazia militare dell’impero
americano. Poi l’invasione, in completa
violazione di tutte le norme internazionali, dell’Iraq,
dichiaratamente per rovesciare il regime di Saddam Hussein. In
realtà le motivazioni erano molteplici e bisogna distinguere
tra quelle dello staff del presidente e quelle del presidente
stesso. Le ragioni legate al petrolio sono
fondamentalmente vere, ma sono da attribuire a coloro che formavano, e
in parte formano tuttora, lo staff presidenziale. Pensiamo a Dick
Cheney, vicepresidente nonché petroliere, ma anche
all’ex segretario alla difesa Donald Rumsfeld, teorico di una
nuova guerra lampo e di un lighter army; ma forse
è possibile elaborare un’ipotesi diversa sulle
motivazioni personali di George W.
Potremmo provare a
ipotizzare una ragione non meno legittima delle teorie del complotto
nate dopo l’attentato alle Twin Towers, se si vuole
più “fantapolitica”, della discesa in
armi di Bush jr. Se seguiamo questa ipotesi, il petrolio o la
stabilità mediorientale non furono le cause principali che
spinsero il presidente ad intraprendere l’avventura
dell’Iraq (certo è però che i contratti
per la gestione del petrolio iracheno sono stati principalmente
assegnati ad aziende petrolifere “made in USA”);
anche qui c’entra, e come, il personale fanatismo religioso
di Bush.
Egli infatti, come accennavamo, sostiene
che Dio gli ha affidato una missione che intende senz’altro
portare a termine: estirpare il male dal mondo. La Bibbia
(quella che in tutta la fiction americana troviamo sempre nel cassetto
del comodino, anche nel più scalcinato motel), inoltre,
parla di luoghi – sacri – che
si trovano proprio in Medio Oriente. Il presidente teologo ha quindi,
potremmo dire, iniziato una vera e propria nuova crociata contro il
male nel mondo, e il fatto che regimi “malvagi” si
trovino in quei luoghi sacri è ai suoi occhi inaccettabile.
Ritiene perciò suo compito, da buon christian
reborn, seguire, in un certo senso, il volere divino,
ripercorrendo le strade della mitologia biblica e sconfiggendo in quei
luoghi mitici gli eserciti malvagi. Solo così
l’America e il mondo intero saranno salvati. Possiamo
ipotizzare che, per carpire la personalità di Bush, non
bisogna studiare tanto la storia politica americana, ma soffermarsi sui
miti della Bibbia. Insomma, sostenere che l’ideologia
politica dell’Amministrazione statunitense si fonda solo su
motivi economici può essere riduttivo. Contano anche motivi culturali.
|