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conversazioni ]
Giovanni Saviozzi, reportage fotografico sui reietti del nostro pianeta di Adolfo Fattori |
Il tuo percorso ti ha portato ad essere, da grafico pubblicitario, fotografo impegnato in temi sociali. Il “buon senso comune” coglierebbe giusto il senso di un rovesciamento quasi copernicano di prospettive. A noi viene in mente una riflessione diversa: il sapere pubblicitario, finalizzato a convincere e orientare ai consumi, può essere messo al servizio di operazioni eticamente più raffinate? Non penso che il mio percorso di grafico pubblicitario mi abbia influenzato molto sul modo di pensare, magari è un fatto più estetico. Il fatto di essere allenato alle forme, ad una corretta presentazione dei lavori mi ha spinto a fotografare con un certo rigore, prestando attenzione alle regole. È ovvio che amo anche stravolgerle ma credo che per addentrarsi nello stravolgimento sia utile acquisire una padronanza del mezzo molto sicura. L’aver fatto il grafico pubblicitario mi ha sicuramente aiutato a confrontarmi con il messaggio, sul come veicolarlo. | Credo che valga il detto: “conoscere il nemico per sconfiggerlo”. Non amo molto la pubblicità nella sua ideologia del consumismo. È vero però che per deformazione professionale, perché certe pubblicità a volte sono capolavori di grafica e, perché no, di regia, mi incuriosiscono e finiscono per essere l’unica cosa che seguo in tv. Ci sono state pubblicità che sono servite come talent scout e hanno “scoperto” eccellenti attori o registi. Ci sono pubblicità, basti pensare a quelle “pubblicità progresso” che sono fatte per veicolare messaggi positivi e iniziative benefiche, che a volte sono veramente affascinanti. Non conosco il “dietro le quinte” della pubblicità televisiva ma conosco a sufficienza quello della carta stampata, e me li vedo quei giovani grafici pubblicitari in uno studio come quello di Armando Testa a “creare”, a inventare nuove campagne pubblicitarie. Penso che in uno studio del genere ci siano degli ottimi artisti. |
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