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conversazioni ]
Giovanni Saviozzi, reportage fotografico sui reietti del nostro pianeta di Adolfo Fattori |
Adesso che la “follia”
è
entrata in me osservo con molta
più attenzione ciò che la circonda e mi accorgo
con rammarico che di
quello spirito, direi “basagliano”, ma sarebbe
riduttivo, con lui a combattere
l’imperante pensiero che voleva i “folli”
rinchiusi, c’era un intera generazione, c’erano
i fotografi Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin, che con Morire
di classe
denunciarono le inumane condizioni in cui un’intera classe
sociale, i
poveri, la classe proletaria o sottoproletaria come si diceva allora,
si trovavano a vivere e morire. C’era l’amico
Silvano Agosti con Matti da slegare,
c’era Psichiatria democratica. Di quello spirito a mio avviso
n’è
rimasto ben poco e in pochi settori della società civile.
Adesso ogni
tanto si riaffaccia lo spettro della diffidenza, i mass media cercano
la notizia tra la miseria. In un mondo “migrante”
tutti sono diventati
un po’ più diffidenti. Quei formidabili anni delle
lotte studentesche,
dell’antipsichiatria hanno generato molto spesso false
aspettative e
molti dei protagonisti adesso sono direttori di giornale… e
che
giornali!
Di quegli anni
ricordiamo anche film | Ho usato quelle strutture per denunciare e raccontare il passato e inevitabilmente mi sono “scontrato” con il presente. Da marzo, data in cui è uscito il libro, sto girando per l’Italia per presentazioni e incontri e mi capita spesso di ascoltare testimonianze, vedere realtà. A volte quello che vedo sono persone “giganti” che lottano per cambiare le cose, per dare e ridare dignità a una malattia che risponde a una logica perversa: “se sei in grado di produrre sei sano, se non sei in grado di produrre sei malato”. Ho ascoltato testimonianze agghiaccianti, come quella di una ragazza di Cagliari, suo padre prelevato nel clamore di una piazza è stato rinchiuso sette giorni e legato al letto del reparto psichiatrico (il primario è stato rinviato a giudizio) e lasciato morire. |
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