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conversazioni ]
Giovanni Saviozzi, reportage fotografico sui reietti del nostro pianeta di Adolfo Fattori |
Nei tuoi viaggi
per costruire il reportage | Sappiamo che, condannato all’incuria, sta scomparendo. Pensi che questa vicenda possa essere una metafora dell’attenzione che la società dedica ai “matti”, a coloro che portano lo stigma? Ah! Oreste Nannetti! Io amo chiamarlo il poeta. Per me quel graffito è un opera di una poesia incredibile. Oreste aveva capito inconsciamente che tutto ciò che viene scritto all’interno di una pagina esiste, ha costruito così una ciclopica opera artistica. Un graffito che in origine riempiva 180 metri circa della parete esterna di un reparto giudiziario del manicomio di Volterra. Io non l’ho raccontato molto all’interno del mio libro. Gli ho dedicato soltanto un paio di scatti, questo non perché non lo ritenessi importante, ma perché credo meriti un attenzione particolare. In passato ci sono stati interventi interessantissimi, come non ricordare il bellissimo film di Studio Azzurro? Sono stati fatti alcuni libri, è stato citato in molte riviste, perfino il museo di Art-brut di Losanna è interessato. Purtroppo le istituzioni locali se ne sono disinteressate completamente lasciandolo a se stesso. Il mio lavoro sulla follia mi ha portato a conoscere Susan Steinberg, una regista e produttrice della BBC di NY con cui è nata una collaborazione per la realizzazione di un documentario su Oreste, e ciò mi affascina molto, scavare dentro il significato del graffito, cercare notizie sull’opera e il suo “creatore” mi piace tantissimo. Ogni mio reportage ancor prima di svilupparsi in fotografia si sviluppa nel mio studio, tra pagine di libri, film, tesi. La mia atavica curiosità mi spinge ad indagare prima di scattare. Ed è un modo in cui mi trovo bene. |
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