|
|||
di Roberto Paura |
|||
Nel 1988 sul magazine britannico New Statesman fu pubblicato un articolo intitolato “Qualcuno sta
ascoltando” che faceva per la prima volta riferimento a un sistema
internazionale di sorveglianza delle comunicazioni private – coordinato dagli
Stati Uniti d’America è chiamato Echelon. La segretezza di Echelon cadde nel
1997, e successivamente un’inchiesta del Parlamento europeo rivelò parecchi
dettagli sul funzionamento di questo immenso sistema di controllo della
privacy. Come si può leggere nella relazione d’inchiesta ufficiale di
Straburgo:
Il sistema d'intercettazione
denominato "ECHELON" si differenzia da altri sistemi dei servizi
d'informazione in virtù di due caratteristiche che dovrebbero renderlo peculiare: La prima caratteristica è la
capacità di consentire una sorveglianza pressoché totale. Ogni informazione
trasmessa via telefono, telefax, internet o e-mail, indipendentemente dal
soggetto che la invia, deve poter essere intercettata in particolare da stazioni
di ricezione satellitare e da satelliti spia, allo scopo di venire a conoscenza
dei contenuti della stessa. La seconda caratteristica di
ECHELON è che il sistema funziona globalmente…[1] Le due caratteristiche del sistema, l’onniscienza e
l’ubiquità, hanno reso Echelon uno dei soggetti più notevoli dell’immaginario
collettivo, a metà tra leggenda metropolitana e spaventosa realtà, spesso
insabbiata o sfacciatamente ignorata. Eppure un simile sistema di sorveglianza,
pressoché onnipotente, non avrebbe affatto stupito scrittori di fantascienza
come Philip K. Dick. Perché nel mondo della fantascienza, anche quello meno
paranoico – a cominciare addirittura da Isaac Asimov – l’idea che i poteri
forti del mondo complottino per sorvegliare l’umanità non ha mai avuto niente
di veramente sorprendente: è qualcosa che prima o poi, forse già all’epoca in
cui questi autori scrivevano le loro storie, sarebbe avvenuto. Un’analisi potremmo dire “filologica” di questo tema
all’interno della letteratura non potrebbe prescindere da un’analisi
sociologica a tutto tondo che esula dall’oggetto di questo articolo. Pur
tuttavia alcuni accenni sono d’obbligo. Il fatto che la prima notissima
elaborazione del tema della società del controllo risalga al 1984 di George Orwell è indicativo del
legame che c’è tra società di massa e necessità di controllo, proprio in virtù
del fatto che – come annotava già Alexis de Tocqueville, e poi naturalmente Hannah Arendt ne Le origini del totalitarismo[2] - nell’epoca delle masse il dominio
totale può essere effettuato solo attraverso un controllo altrettanto totale, e
solo nella società industriale e ancora più in quella post-industriale in cui
viviamo esistono i mezzi per effettuare tale controllo. L’occhio del Grande Fratello era, nel 1948, pura fantascienza;
non lo era già più tanto quando ne parlava James G. Ballard ne Le torri d’osservazione, racconto del
1962 che viene analizzato in dettaglio più sotto; oggi è realtà quotidiana, in
metropoli dove le telecamere sono ovunque. Ma più delle telecamere, il
controllo totale si effettua proprio attraverso sistemi postmoderni che
all’epoca sarebbero apparsi pura fantascienza: i satelliti-spia, su cui si
basava (o forse si basa?) il sistema Echelon; e soprattutto internet, il mondo
dove avvengono le peggiori violazioni della privacy che colpiscono
indifferentemente la casalinga e il Pentagono. Il “furto d’identità” sta
assumendo sempre più le proporzioni narrate da Charles Stross nel suo
recentissimo Accelerando[3].
Più che prendere in considerazione la produzione fantascientifica
contemporanea, tuttavia, ciò che ci interessa qui è analizzare come il tema
fosse già presente in opere molto meno recenti, ad esemplificare le quali prenderemo
in considerazione tre racconti: il primo è di Isaac Asimov, s’intitola Il Cronoscopio e risale al 1956; il
secondo è di James G. Ballard, il già citato Le torri d’osservazione (anche noto come Essi ci guardano dalle torri); il terzo, sicuramente il più noto, è
il Rapporto di minoranza di Philip
Dick pubblicato sempre nel 1956, reso celebre dall’omonima trasposizione di
Steven Spielberg del 2002 che ne perde però i significati socio-politici. Ciò
che rende interessante l’insieme di questi tre racconti è il fatto che il tema
del controllo sociale di massa venga declinato attraverso un percorso quasi
cronologico: il controllo del passato in Asimov, quello del presente in Ballard
e quello del futuro in Dick. Come risulterà poi chiaro al termine dell’analisi,
con il controllo della società nel passato e nel futuro si effettua il vero
controllo assoluto perché l’essere umano è sorvegliato e “violato” non solo
nella sua sfera presente ma anche in quella di tutto il continuum temporale che
lo rende essere umano, così che il fine ultimo del controllo di massa – rendere
l’uomo un “fascio di reazioni intercambiabile”[4] – si realizza in tutta la
sua spaventosa portata. Nel racconto Il
Cronoscopio[5] il
tema del panottico (il termine benthamiano che può essere usato come sinonimo
di “sorveglianza di massa”) viene mantenuto nascosto per tutto il susseguirsi
della vicenda. Ciò che la cronoscopia sembra essere è qualcosa di molto simile
alle banali macchine del tempo: la
possibilità di osservare il passato, in qualsiasi epoca storica, attraverso le
proprietà quantistiche dei neutrini. Con innocenza e pedanteria il
protagonista, Potterley, un professore di storia antica, chiede ripetutamente
al governo la possibilità di utilizzare il cronoscopio per le sue ricerche
sulla società cartaginese. Richieste che, con suo sommo disappunto, vengono
costantemente respinte senza una ragione valida. Al colmo della frustrazione,
il professor Potterley si rivolge a un giovane assistente di fisica per
ottenere informazioni sulla cronoscopia, convinto che il governo complotti per
ostacolare e pilotare la ricerca.
|
|||
|