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Ignorano cosa siano le
torri, chi ci sia dietro, quali siano gli scopi, quali le dinamiche
dell’osservazione, quanto durerà la situazione. La storia si apre con una frase
molto eterodossa: “Il giorno seguente, chissà perché, nelle torri
d’osservazione si verificò un improvviso aumento di attività”. Manca qualsiasi
riferimento temporale, “il giorno seguente” non indica altro che il susseguirsi
ripetitivo di un’attività di cui si ignora l’inizio e naturalmente la fine,
mentre il “chissà perché” evidenzia non solo l’assoluta ignoranza del
comportamento
Di qui si entra quindi nel tema politicamente più
scottante del racconto, quello della collusione tra il Consiglio e gli
osservatori. Qui le interpretazioni possono sprecarsi ma il senso di fondo
resta immutato: sia che il Consiglio abbia deciso di stringere un patto con gli
osservatori per mantenere il potere e anzi ampliarlo attraverso il reciproco
scambio di informazioni sui cittadini, sia che le torri d’osservazione – come
sembra più probabile – non siano altro che creazioni del Consiglio per
mantenere la popolazione nel terrore e poterla così controllarla, il tema del
controllo è quello che ritorna. Controllo che, naturalmente, è possibile solo
laddove c’è conoscenza di chi detiene il potere e ignoranza di chi lo subisce[8].
Lo status quo che si è venuto a instaurare viene alimentato dai politici della
città perché ciò dà loro la possibilità di disincentivare qualsiasi spinta al
cambiamento, di congelare la vita dei cittadini all’interno di schemi rigidi e
facilmente controllabili, ma soprattutto ciò consente loro di porsi nei
confronti della gente comune come gli unici detentori della verità. Solo il
Consiglio, che comunica con gli osservatori, sa cosa è giusto e cosa è
sbagliato fare e può così proibire un comportamento – come la festa di Renthall
– giustificando l’ordine come imposto dall’alto. Si costruisce così la
formidabile struttura del controllo totalitario della società, quello imposto
dal leader supremo che è l’unico a conoscere il fine ultimo della Storia e
indirizza il suo popolo in quella direzione, giustificando ogni azione alla
luce della rigida ortodossia ideologica e rimuovendo ogni ostacolo che
impedisce il raggiungimento dell’obiettivo. Controllo totale e dominio totale
diventano due realtà indissolubili. Il finale della storia presenta
l’inevitabile esito di tutto questo: la società, ormai consapevole della
schiavitù a cui è asservita, cerca di mantenere una parvenza di normalità
ignorando sfacciatamente le torri, fingendo che non esistano e riprendendo la
routine giornaliera per cercare di dare un senso alla propria vita, ma
consapevole che un senso può esserci solo fingendo che tutto sia a posto.
Renthall, che non accetta l’exit strategy
estrema della finzione, diventa così il diverso, il vero alieno della storia,
il “pazzo del villaggio” che si ritrova presto ai margini della società e sul
quale si fissano infine i mille occhi del potere, pronto a rimuoverlo o peggio
a condurlo alla follia per poterlo additare come esempio da non seguire, l’anticonformista
da perseguire. Con Rapporto di
minoranza[9]
di Dick si giunge all’apice di questo percorso ideale che conduce alla
costruzione di una perfetta società del controllo. Il sistema dei precog,
esseri umani menomati per nascita ma dotati di poteri psi e capaci perciò di
osservare il futuro, ha consentito di estirpare dagli Stati Uniti ogni traccia
di seria criminalità: la Precrimine, ossia quella che è diventata la polizia,
non deve più accorrere sul luogo del delitto a posteriori e indagare per trovare
l’omicida, ma si limita a decifrare i rapporti dei tre precog e bloccare il
criminale prima che il delitto sia compiuto. Legge e ordine sono così
assicurati, a costo di una completa perdita di autonomia e libero arbitrio da
parte dei cittadini. Contro tutto questo viene ordito un complotto da parte
dell’esercito per sconfessare il sistema della Precrimine e aprire così nuovi
spazi per i vecchi tutori dell’ordine. Il capo della polizia, Anderton, si
ritrova così additato dai precog come futuro assassino dell’ex capo
dell’esercito, Leopold Kaplan, nonostante i due non si conoscano affatto l’un
l’altro. Anderton, dopo aver sospettato praticamente di tutti, capisce di avere
di fronte a sé due sole possibilità: uccidere Kaplan e dimostrare il
funzionamento della Precrimine, così da salvare il sistema in cui crede; o non
ucciderlo, salvarsi ma permettendo alle forze dell’esercito di riassumere il
controllo dello Stato e riportarlo in una situazione di caos e legge marziale.
Ecco che, nel dramma tutto individuale di Anderton, si può leggere la Dick realizza in questa storia un vero circuito chiuso dal
quale sembra non esserci via d’uscita. Non è una novità della sua produzione,
pur tuttavia in questo caso il vicolo cieco non si crea solo per il
protagonista ma per l’intera società che Dick ha disegnato, una società che nel
suo essere prigioniera di se stessa diventa più cupa e distopica di quella di
romanzi come La svastica sul sole o Tempo fuor di sesto perché
spaventosamente vicina alla nostra. Leggiamo all’inizio del racconto il tronfio
orgoglio di Anderton nel mostrare la forza della Precrimine che ha contributo a
fondare: «Certamente saprà che la Precrimine ha permesso di ridurre i crimini
del 98,8 per cento» ricorda Anderton al suo vice. “Io ne sono fiero. Trent’anni
fa elaborai la teoria… qualcosa che aveva un enorme valore sociale”.
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