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Nel nostro caso, sembra proprio questa la modalità seguita: ogni giorno sono state dedicate una o più pagine sull’argomento, seguito sempre dallo stesso giornalista che descrive il fatto con le relative vicissitudini (giudiziarie, familiari) sotto forma di una sorta di riassunto di quanto è accaduto il giorno precedente e con specifici riferimenti ad appuntamenti futuri “…intanto si attende per domani…”.
Proprio l’utilizzo di questo “stile informativo” ha contribuito a rendere il Giallo di Cogne un mistero sempre più intrigante, la cui difficile soluzione ha appassionato tanto gli italiani. Un vero e proprio giallo al quale non mancano tutti gli elementi narrativi da manuale: la casa isolata tra i boschi, la stanza chiusa, la cerchia ristretta di personaggi, il sospetto che si erge a seconda vittima, l’assenza dell’arma del delitto e del movente.
È vero, la cronaca nera fa audience. Da
sempre il delitto nei giornali paga e più la notizia è appetitosa, forte o
violenta, più il lettore ne è attratto; è vero che la notizia va condita con il
mistero perché una volta trovato l’assassino la storia non funziona più (un
altro motivo, questo che contribuisce a mantenere Siamo abituati a pensare che fatti di violenza paragonabile accadano spesso – forse solo – nelle periferie degradate, tra tossici e disoccupati che vivono di espedienti. Li riporta la cronaca nera locale, “tengono” per qualche giorno, e via nel dimenticatoio. Ma la villetta di Cogne ha ben altro valore mediatico: è la rappresentazione immaginifica e perfetta dell’idea (illusoria) della tranquillità borghese, perbenista e qualunquista. E il Male che vi ha fatto irruzione ha incrinato proprio questo sistema, introducendo inquietudine e oscurità nei luoghi della luce e del sereno: l’Heimlich che si trasforma in Unheimlich, ancora una volta a marcare il sentiero della paura.
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