Il caso Cogne, o la mostra delle atrocità

 

di Marinella Santoro

 
 

L’emozione più vecchia e più forte del genere umano

è la paura, e la più vecchia e più forte è la paura dell’ignoto.

H. P. Lovecraft, L’orrore soprannaturale nella letteratura

 

 

La cronaca nera è un genere giornalistico che da sempre desta particolare interesse.

Si tratta di un interesse e di un fascino comprensibile, perché è inevitabile essere attratti da ciò che ci fa paura, uno dei principali strumenti di difesa dell’individuo, uno stimolo necessario ad attivare quelle reazioni che servono per difenderci dai pericoli dell’ambiente.

Dopo la guerra, tornò subito ad essere un genere estremamente popolare, dopo essere stato proibito durante il ventennio fascista, per cui era vitale creare l’illusione che l’Italia fosse diventata un Paradiso.

Negli anni 70/80, la “nera” perse terreno di fronte a fatti di sangue ben più grandi e sconvolgenti, dal terrorismo alla strategia della tensione. Ma dagli anni 90 l’interesse si è risvegliato, a partire dal delitto di via Poma fino ad arrivare a quello di Cogne.

Tra l’altro, ogni più piccolo segmento di realtà, ogni  evento, diventa degno di notizia se si distacca dalla normalità, soltanto se prende rilievo rispetto ad uno sfondo o una continuità e soltanto se consiste in un’azione. È naturale che più l’avvenimento è insolito, strano, ma soprattutto “vicino”, più la notizia sarà ritenuta interessante dall’utente.

Ma una notizia, per diventare tale, deve seguire un processo di costruzione alla base del quale vi sono i cosiddetti valori-notizia, ossia una sorta di linee-guida che non costituiscono semplicemente dei criteri pragmatici di selezione degli eventi e dei materiali informativi, ma si intrecciano sempre con una serie di premesse ideologiche.

I valori-notizia da tenere in considerazione sono diversi, e di varia natura: dimensione di un evento, prossimità-distanza di un evento, personalizzazione dei processi sociali e politici, frammentazione della realtà.

Ma uno particolarmente rilevante è la negatività, espressa dal famoso principio bad new is good new.

Vengono cioè selezionati ed enfatizzati quei fatti che costituiscono un’infrazione delle norme, una rottura, deviazione dal normale corso delle cose.
Può trattarsi di eventi che coinvolgono la responsabilità personale e di gruppo (come scandali, delitti) o che riguardano eventi catastrofici e gravi minacce sociali. Le “cattive notizie” sembrano dunque godere
di uno status privilegiato perché normalmente presentano anche aspetti di drammaticità e conflitto, cioè si caricano di ulteriori valori-notizia che suscitano l’interesse del pubblico.     

Non sorprende quindi se un fatto di cronaca come il delitto di Cogne sia balzato sulle prime pagine di ogni testata giornalistica e di ogni Telegiornale. Ciò che invece lascia perplessi è lo spazio dedicato al caso e soprattutto l’insistenza nel tempo, ossia lo spazio dedicato a un argomento in rapporto a un certo arco di tempo, che è stata (e in parte lo è tuttora) tanto forte da montare un vero e proprio caso da seguire costantemente e in ogni minimo dettaglio.

I dati sull’attenzione che il “caso” ha destato sono infatti altamente significativi: nell’anno 2002 il racconto degli svolgimenti giudiziari del caso ha occupato il 30% del totale della categoria “Cronaca Giudiziaria”, mentre all’interno del macroargomento “Cronaca nera” le notizie riguardanti il caso Cogne occupano il 14% della categoria.

 

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