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Esiste un mondo parallelo al nostro, dove gli Stati Uniti
non hanno partecipato alla Seconda Guerra Mondiale e sono diventati una
repubblica socialista, invece di trasformarsi nel paese capitalista per
antonomasia. A raccontarlo è Gordon Eklund nel romanzo Tutti i tempi possibili[1].
In un altro mondo, tra gli infiniti possibili, la rivoluzione digitale è
avvenuta con almeno mezzo secolo d’anticipo rispetto alla nostra storia: il sogno
della connessione planetaria dell’umanità è realtà quotidiana e il Mahatma
Gandhi impiega una webcam per trasmettere il discorso: “One World” in ogni
luogo del pianeta. Nel nostro universo, il discorso fu tenuto il 2 aprile 1947
a Nuova Delhi, nella sessione conclusiva della Conferenza sui Rapporti
Inter-Asiatici, di fronte “ad appena” 20.000 visitatori, delegati e
osservatori. L’autore in questo caso è collettivo, trattandosi dello spot
firmato da Young&Rubicam per Telecom Italia girato da Spike
Lee.
In
parallelo a questi due universi, ne esiste un altro, dove le potenze dell’Asse
hanno vinto la guerra, l’Europa è sotto il pugno di ferro dei nazisti, peggio
ancora se la passa l’Africa trasformata in un laboratorio genetico e gli Usa
subiscono l’egemonia militare e culturale del Giappone: tutti prendono
decisioni solo dopo aver consultato il libro/oracolo I Ching. L’autore è Philip
K. Dick, il romanzo si intitola L’uomo nell’alto castello[2],
pubblicato in Italia anche con il titolo La svastica sul sole nella
precedente edizione (Nord).
La
variabile tempo
Tre esempi di universo parallelo, uno dei colpi di genio
della science fiction (sf), la fantascienza, anzi l’altra metà, quella che, “in
parallelo” alla conquista degli spazi, ha annesso tutti i tempi possibili.
Science fiction è sinonimo di anticipazione scientifica, ma anche di escursione
nel tempo, anzi nei tempi, passati, futuri, laterali, possibili.
Non sempre le
differenze tra gli universi paralleli sono originate da scostamenti importanti
rispetto agli avvenimenti storici del nostro universo temporale. A rendere
parallelo un universo può essere una variazione minima, una sottigliezza, ad
esempio esistono mondi dove ognuno di noi preferisce qualcosa invece di
qualcosa d’altro: in questo mondo siamo vegetariani, in un altro no, siamo
appassionati di tennis invece che di calcio, mondi in cui non esistiamo e mondi
dove Don Chisciotte è un personaggio; oppure esistono tanti universi quante
sono le marche conosciute nel nostro universo, tranne una: un universo senza Coca-Cola, un altro senza
Sony o Ferrari, oppure Lavazza, Barilla, Levi’s,
Nike
e via all’infinito. All’estremo opposto, potremo dire che ogni marca tende ad
immaginarsi come un universo parallelo, dove la storia, le relazioni umane, i
sogni ruotano con movimento satellitare intorno al brand. Ogni marca, infatti,
tende a immaginarsi e poi a raccontarsi. “Il racconto della pubblicità si offre
allora come una narrazione più o meno fantastica, si rivela un sogno
collettivo, un universo mitologico ed ottimistico, una storia arcaica e
moderna”, confessano Giampaolo Fabris, Laura Minestroni[3].
Tornando alla sf, altre gite temporali consigliate sono: Il signore della
svastica[4],
INRI[5]
e Pavane[6]. In Il signore della svastica, Hitler è uno
scrittore di sf e il suo romanzo (a metà tra il trucido e il Grand guignol) è
anche premiato! Scritto da Norman Spinrad. INRI è un viaggio nel tempo in
Palestina. Gesù si rivela un bimbo con handicap. Il protagonista finisce sulla
croce per non modificare la storia. Scritto da Michael Moorcock. In Pavane,
Elisabetta I viene assassinata e gli inglesi le buscano dall’Invincibile
Armada. Ne segue un’epoca divisa tra esoterismo e inquisizione. Scritto da
Keith Roberts.
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