La Luna di plastica

 


di Adolfo Fattori

 

The lunatic is on the grass
The lunatic is on the grass
The lunatic is in my head
The lunatic is in my head
And if your head explodes with dark forbodings too
I’ll see you on the dark side of the moon.
R. Waters, Brain Damage

 … sarà al corrente di quell’idea secondo
la quale non saremmo mai realmente
atterrati sulla Luna, vero?
… Non esiste nessuna Luna.
Non ci sono né pianeti né stelle.
Tutti si mettono a discettare se siamo arrivati
lassù o no, e così perdono di vista la realtà.
M. Marshall, Eredità di sangue

Morte della fantascienza?


E se veramente non fossimo mai sbarcati sulla Luna, come sembra sostenere il personaggio di Marshall?
Se si trattasse di un colossale inganno, di una simulazione ad uso propagandistico, orchestrata da USA e TV?
Ma no, non è vero, si tratta al massimo di una ricorrente leggenda metropolitana, come quella che sostiene che il Paul McCartney che abbiamo visto e sentito suonare per anni non sia quello “originale” ma un sosia.
Perché naturalmente – possiamo esserne sufficientemente certi – la conquista della Luna è davvero avvenuta, anche se si è esaurita subito in sé stessa.[1] La spesa, alla fin fine, non sembrò valere l’impresa.

E allora la domanda diventa: “Perché questa storia continua a circolare, e spesso viene citata con toni compiaciuti e saccenti?”
Probabilmente perché condivide la natura inverificabile, e in qualche modo sacrale delle leggende urbane – oltre che il piacere connesso all’idea che la nazione più forte del mondo abbia fallito: nell’esplorazione spaziale e nel tentativo di truffare il pianeta.
In effetti, la forza profonda delle leggende metropolitane è proprio nella circostanza di andare incontro ai desideri – a volte etici, a volte morbosi – di coloro che le ascoltano e le diffondono, e al vago senso di soprannaturale che spesso trasmettono: per le vicende che raccontano, per la loro indeterminazione.
In questo caso, appunto, il ridimensionamento della potenza degli USA, una ulteriore prova degli inganni mediatici che architettano, ma – credo – prima di tutto la conferma dell’inviolabilità del nostro satellite, che manterrebbe così, nell’immaginario, la sua natura ambigua, soprannaturale, a cavallo fra la certezza scientifica della sua esistenza materiale, e la sua effettiva intangibilità. A cavallo fra Heimlich e Unheimlich. Della natura della Luna non abbiamo esperienza concreta, ma solo una conoscenza “per sentito dire”.

 

Sappiamo dai manuali scientifici e dai libri di scuola che non ha atmosfera, che è un corpo celeste simile alla Terra, che è fatta di rocce simili a quelle che ogni giorno calpestiamo. Ma non avendone mai percorso la superficie, non ne abbiamo conoscenza diretta.

Possiamo anche, nel nostro inconscio, dubitarne, e conservare dentro di noi questa scintilla del sacro, che faccia da custode della capacità di incanto del mondo.
Perché, a dispetto delle conseguenze del processo di secolarizzazione che la modernità ha portato con sé, il bisogno di sacro pare non essersi sopito, ed emerge periodicamente.
Ci inventiamo continuamente modi per assicurarne la sopravvivenza, magari non nelle forme classiche e istituzionalizzate – la religione nel mondo occidentale pare sempre più in crisi, nonostante i tentativi neo/teocon variamente confezionati – ma in forme nuove, non a caso spesso imperniate su eventi e/o testimonial della modernità e della cultura di massa.
Come Elvis Presley, che periodicamente viene visto vivo e vegeto da qualche ammiratore (ne propone un riflesso della forza di questa mania Stephen King in Cose preziose[2]).
O John Kennedy, di cui lo stesso Marshall, sempre per bocca del suo personaggio, propone un destino alternativo, con tanto di accurate spiegazioni (piuttosto deliranti). E il Presidente ucciso a Dallas già era stato eletto a icona della modernità da James G. Ballard, in un famoso quanto geniale e irriverente racconto, e da James Ellroy in uno dei suoi romanzi.[3]

 


[1] Nonostante libri e film che sostengono o sottintendono il contrario. Cfr.: B. Kaysing, Non siamo mai andati sulla Luna, Cult Media net, 1977, e, per il cinema, P. Hyams, Capricorn One, USA, 1978, che sostituisce la Luna con Marte.

[2] S. King, Cose preziose, Sperling & Kupfer, Milano, 2002.

[3] J. G. Ballard, L’assassinio di John Fitzgerald Kennedy visto come una corsa automobilistica, in La mostra delle atrocità, Rizzoli, Milano, 1991; J. Ellroy, American Tabloid, Mondadori, Milano, 1997.

 

 

    (1) [2] [3]