La Luna di plastica
di
Adolfo Fattori

 



Sembra un circolo vizioso: la modernità, nel suo compiersi,  distrugge il sacro, attraverso la razionalità della tecnologia e della scienza, e la celebrazione dei loro traguardi da parte delle comunicazioni di massa. Ma le stesse comunicazioni di massa contribuiscono a fornire nuovi totem e nuove icone per permetterne la resurrezione.
Si tratta però di un paradosso solo apparente: la cultura di massa è imperialista, prende i suoi materiali dovunque siano disponibili. E soddisfa bisogni – anche se mediati: bisogno di avventura, di incanto, di
seduzione, di rassicurazione.           
E la “conquista” della Luna ha svolto nel passaggio di stato che ha aperto il nostro mondo al compiersi del moderno e all’ingresso nella tardamodernità un ruolo cruciale.

Perché a un certo punto della storia del secondo millennio è sembrato quasi che il progresso scientifico/tecnologico abbia decretato la morte della fantascienza, come ebbe a scrivere Baudrillard,[4] per il suo essersi realizzata nella vita di tutti giorni, e di questo la “conquista” della Luna non ne sarebbe che il simbolo più evidente – possiamo aggiungere noi.
In realtà, lo sbarco lunare – e, se è per questo, tutta la “corsa spaziale” – non è stato altro che la punta di un iceberg, rispetto alle trasformazioni indotte nel mondo.
Ed a questo non è estranea la televisione – colpevole, sempre secondo Baudrillard, di un altro delitto formidabile: l’uccisione della realtà.[5]

Ma procediamo con ordine.
   

La materia assoluta

Se da un trenta – quarant’anni l’organizzazione della nostra vita quotidiana è cambiata, fino ad intaccare lo stesso modo con cui percepiamo la realtà, lo spazio, lo stesso fluire del tempo, è sicuramente grazie all’impatto delle nuove tecnologie: rispetto ad allora, noi davvero viviamo in un mondo da fantascienza. Lasciamo per adesso da parte l’annosa questione sulla capacità della science fiction di prevedere o profetizzare il futuro: è probabilmente una questione mal posta, almeno nei termini in cui spesso viene somministrata (andrebbe forse bene per “Porta a porta” o per il “Maurizio Costanzo Show”).
Diciamo piuttosto che certe tecnologie e prodotti ci hanno trasferiti in un mondo – quello della tarda modernità – in cui ritroviamo molti dei requisiti proposti dalla narrativa d’anticipazione.
Dal forno a microonde, alla progressiva sparizione del denaro, al computer casalingo, alla rete internet e al telefonino, il nostro ambiente è saturato di oggetti “nuovi”, che hanno modificato in profondità la gestione delle nostre vite. Basti pensare al LASER, che da “raggio della morte” si è trasformato in supporto per la riproduzione di immagini e suoni – e non fa più paura a nessuno.

E, ed è questa, la circostanza più importante, è la stessa velocità del cambiamento tecnologico che ci ancora al futuro – anzi, che lo trasforma immediatamente in “passato prossimo”. Questo può essere il senso della “morte della fantascienza”: il futuro in quanto tale, non può esistere più.

La realtà è che la maggior parte di queste tecnologie hanno avuto il loro laboratorio, il loro luogo di sperimentazione proprio durante la corsa spaziale, grazie alla Boeing, alla Du Pont, alla Lockheed: sicuramente il forno a microonde, ma anche le ceramiche termiche per motori, le fibre ottiche per le linee telefoniche, i microprocessori, il teflon®.
Anzi, se sicuramente possiamo percepire a vista il rapporto fra la vita di oggi e queste prime applicazioni nelle fibre ottiche e nei microprocessori, volendo scegliere il vero “mattone” di base dell’universo socioculturale di oggi dovremmo scegliere proprio questo polimero, il teflon®.

 

[4] J. Baudrillard, Fantascienza e simulacri, in L. Russo (a cura di), La fantascienza e la critica, Feltrinelli, Milano, 1980.

[5] J. Baudrillard, Il delitto perfetto, Cortina, Milano, 1996.

 

 

    [1] (2) [3]