Ma se, oltre all’adesione a questa spiegazione,
senz’altro legittima, in profondità ci fosse dell’altro? Gli effetti
della spinta ad un “reincanto del mondo”, prodotta dall’impossibilità
di rinunciare del tutto alla dimensione del sacro? Una decelerazione,
un freno, nei desideri profondi, nelle rappresentazioni sociali,
nell’immaginario, ai processi di modernizzazione e secolarizzazione?
Perché lo sbarco sulla Luna ne è sicuramente uno degli esiti, forse il
più significativo, a pensarci bene. Almeno per quanto riguarda il
percorso della modernizzazione. In fondo, l’insieme di processi
innescati dalle scoperte geografiche dell’età classica, dall’espansione
delle merci e poi dalla “rivoluzione dei prezzi” del Seicento,
dall’incremento della popolazione e della mobilità sociale e
geografica, dai progressi nella ricerca scientifica e tecnologica, e
che nei secoli XVIII e XIX hanno investito Europa e Nord America in
termini di industrializzazione, sviluppo delle dimensioni
metropolitane, evoluzione delle tecnologie del trasporto e della
comunicazione, ha avuto prima di tutto come asse portante l’idea di
progresso, di miglioramento in vista del futuro, di controllo della e
sulla natura, di costruzione di “un mondo a misura d’uomo” (Hughes). Di
espansione illimitata, nel tempo e nello spazio, in termini sia
materiali sia simbolici (Abruzzese, pag. 353). Mutamenti così
profondi non potevano infatti realizzarsi senza che vi fossero
contemporaneamente, dialetticamente intrecciati con essi, rivolgimenti
altrettanto poderosi nella sfera simbolica, per dare senso al
cambiamento di prospettive – dall’ancoraggio al passato della
tradizione alla spinta al futuro del progresso – connesso al mutamento
sociale: economico, giuridico, demografico. Il mondo umano
definitivamente transita dalla dimensione della comunità a quella della società (Tönnies). E si secolarizza. Una rivoluzione – davvero copernicana: è superfluo
sottolineare che senza Niccolò Copernico non ci sarebbe stata
esplorazione dello spazio – del modo di pensare l’essere-nel-mondo, che
metteva in discussione l’intero sistema di credenze su cui le società
tradizionali si reggevano. E anche se può sembrare paradossale, lo
scossone più violento, iniziale, agli universi simbolici della
tradizione lo diede la “Riforma” di Martin Lutero, con il suo rigore
religioso. L’etica protestante, in particolare nella versione di
Giovanni Calvino, sostegno dello spirito capitalistico, con l’accento
che pone sulla responsabilità individuale, finisce per essere uno degli
stimoli sotterranei della secolarizzazione (Weber, 1922). Il processo
per cui il sacro, il soprannaturale recedono dagli universi simbolici e
dalle visioni del mondo, portando via con sé la religione, il magico,
l’irrazionale. Il mondo della modernità è un mondo osservabile,
esplorabile, profano, le cui leggi naturali sono conoscibili attraverso
il calcolo, la logica, il metodo della scienza, gli strumenti messi a
disposizione dalla tecnologia. E quindi può essere esplorato, mappato e
governato interamente. E così, infatti, è stato. Solo che a un
certo punto, una volta che la modernità lo ha esplorato e conquistato
tutto, non c’è stato più spazio. Il cosmo diventa la nuova posta della
scoperta e della conquista. A cominciare dalla Luna, non più luogo del
soprannaturale e dello spirito, ma corpo celeste come tutti gli altri. Tanto
gli uomini avevano trovato altri territori per soddisfare il proprio
bisogno di immaginazione. E anche le tecnologie giuste. A cominciare
dal cinema, creatore e esploratore insieme dei nuovi territori
dell’immaginario, finalmente collettivo.
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